Il Consiglio di Stato SEZ. IV – co la sentenza n. 3522 del 4 agosto 2016 è intervenuto sulla natura inderogabile della distanza minima di 10 mt. fra pareti finestrate prevista dall’art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 e sulla necessità di disapplicare eventuali norme regolamentari contrastanti .
Il Consiglio ha inoltre richiamato il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in linea generale, non è legittima l’adozione, negli strumenti urbanistici comunali, di norme contrastanti con quelle del citato decreto, atteso che quest’ultimo, essendo stato emanato su delega dell’art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, nr. 1150 (inserito dall’art. 17 della legge 6 agosto 1967, nr. 765), ha efficacia di legge, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati non possono essere derogate dagli strumenti urbanistici comunali (cfr. Cass. civ., sez. II, 14 marzo 2012, nr. 4076); di conseguenza, le disposizioni di cui al d.m. nr. 1444/1968, essendo rivolte alla salvaguardia di imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, sono tassative e inderogabili, e vincolano i Comuni in sede di formazione o revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite minimo è illegittima e deve annullata se è oggetto di impugnazione, o comunque disapplicata stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale dettata dalla fonte sovraordinata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 21 ottobre 2013, nr. 5108; id., 22 gennaio 2013, nr. 354; id., 27 ottobre 2011, nr. 5759).
Pertanto, in punto di disapplicazione delle N.T.A. di uno strumento urbanistico risulta condivisibilmente superato il precedente indirizzo contrario (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 2005, nr. 1795; id., 12 luglio 2002, nr. 3929), il quale peraltro si basava su una presunta natura non direttamente precettiva delle prescrizioni contenute nel d.m. nr. 1444/1968, lasciando ferma e impregiudicata la ritenuta natura para-regolamentare, o di atto amministrativo generale, delle norme del P.R.G., e quindi la loro disapplicabilità da parte del giudice amministrativo.
Inoltre, e contrariamente a quanto si sostiene dalle parti appellanti, la giurisprudenza più recente ammette la disapplicazione da parte del giudice amministrativo dell’atto regolamentare presupposto, ancorché non impugnato, non soltanto in ipotesi di giurisdizione esclusiva, ma anche in via più generale estesa alla giurisdizione generale di legittimità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio 2015, nr. 515).
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