lunedì 24 aprile 2017

LA REVOCA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO COMUNALE

Che succede se il presidente del Consiglio comunale non svolge il proprio dovere ? E' possibile revocarlo?
A questa interessante domanda ha risposto il TAR Campania, Napoli, Sezione I, con la sentenza n. 2174 pubblicata il 20 aprile che qui di seguito ho cercato di riassumere:
Il fatto che nello Statuto comunale non sia contemplata questa fattispecie non può tradursi in una sorta inamovibilità assoluta o quasi assoluta del Presidente del Consiglio comunale (cfr. TAR Veneto, Venezia, sez. I, n. 334/2010), pur in presenza di condotte palesemente arbitrarie, contrarie ai relativi doveri istituzionali, rispetto alle quali l’organo assembleare si troverebbe sprovvisto del più efficace e incisivo rimedio, costituito dalla rimozione dalla carica in parola e volto, in ultima analisi, a scongiurare la propria paralisi funzionale;
- al riguardo, TAR Veneto, Venezia, sez. I, n. 4359/2005 ha condivisibilmente osservato che: -- nel panorama degli strumenti di autotutela della pubblica amministrazione, la revoca di una carica di rilievo istituzionale come quella in esame è connotata da aspetti peculiari, nel senso che non possono richiamarsi tout court le regole che presiedono all'istituto classico della revoca (art. 21 quinquies della l. n. 241/1990), ma deve farsi riferimento alle regole immanenti alla ratio dell’istituto in quanto ancorato allo specifico campo di materia da esso attinto; -- regole siffatte si desumono dall'elaborazione giurisprudenziale formatasi con precipuo riguardo: 
a) al venir meno della neutralità e della correttezza della funzione; 
b) al fatto che si formi una maggioranza di consiglieri comunali che, ritenendo, appunto, venuta meno la correttezza della funzione di garanzia senza distinzione tra maggioranza e opposizione (che, in mancanza di disposizioni specifiche, si può affermare dovere corrispondere alla maggioranza assoluta rispetto al numero dei componenti dell'organo collegiale elettivo), si esprima in senso favorevole alla revoca; 
c) una motivazione adeguata che renda conto di siffatti presupposti; -ebbene, se si condividono tali regole, siccome desumibili dal sistema normativo vigente e dai principi dell'ordinamento amministrativo, perde rilievo la questione se una previsione esplicita di revocabilità sia contenuta, o meno, nello statuto;
- d’altronde, non può negarsi, alla luce del principio del contrarius actus, la possibilità per il Consiglio comunale di addivenire alla revoca dell’incarico de quo: se, cioè, all’organo assembleare spetta per legge (art. 39, comma 1, del d.lgs. n. 267/2000) la designazione del proprio Presidente, al medesimo non può non spettare, specularmente, la rimozione di quest’ultimo (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 710/2010);
- ed invero, la revoca della carica di Presidente del Consiglio comunale è, di per sé, legittima, quando si fonda sulla principale considerazione che il Presidente, attraverso una serie di condotte politiche, realizzate all'interno del Consiglio ed anche in altre sedi mediante la spendita del proprio ruolo istituzionale, abbia assunto atteggiamenti incompatibili col proprio ruolo istituzionale super partes e denotanti l’effettiva violazione di regole comportamentali connaturate alla carica di garante della corretta dinamica politico-amministrativa all'interno dell'organo consiliare (cfr. TAR Veneto, Venezia, sez. I, n. 334/2010);
- ciò posto, deve, dunque, affermarsi che, a fronte dell’impugnazione del provvedimento di revoca dell'incarico di Presidente del Consiglio comunale, il giudice amministrativo è chiamato, innanzitutto, ad accertare l'effettiva sussistenza dei fatti, affinché la revoca non si fondi su presupposti inesistenti o non adeguatamente esternati nel provvedimento, e, poi, ad apprezzare – entro i limiti puramente estrinseci della non macroscopica irragionevolezza ed ingiustizia della decisione – la non arbitrarietà della valutazione politica in forza della quale l'organo consiliare ritiene che i fatti influiscano anzidetti negativamente sull'idoneità a ricoprire la funzione (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 5605/2013);
- ebbene, nel caso in esame, la rimozione del Presidente del Consiglio comunale si rivela legittima, nella misura in cui, oltre a risultare suffragata da una non palesemente arbitraria valutazione politico-discrezionale, si fonda su fatti ben precisi, consistenti (oltre che nelle cennate esternazioni pubbliche contro il Sindaco e la Giunta nel suo complesso) in condotte tipicamente compromissorie della neutralità, imparzialità e terzietà della carica istituzionale in questione, posta a garanzia del corretto funzionamento dell’organo assembleare da essa presieduto e della corretta dialettica tra maggioranza e minoranza (quali, ad es., gli avvertimenti ai colleghi circa possibili iniziative giudiziarie in caso di revoca dell'incarico ricoperto: cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 5605/2013);


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