venerdì 13 ottobre 2017

IL TAR DELL'ABRUZZO TORNA AD OCCUPARSI DELL'ANATRA ZOPPA IN COMUNE

Il TAR dell'Abruzzo, Sezione I,  in data 12 ottobre 2017 ha emesso la sentenza n. 417/2017 riguardante  i risultati delle elezioni amministrative del Comune di Avezzano, tenutesi in date 11 e 25 giugno 2017, rispettivamente per il primo turno e per il ballottaggio, conclusesi con l’elezione a Sindaco del signor *** e l’attribuzione alle liste a lui collegate del premio di maggioranza previsto dall’art. 73, comma 10, del d.lgs. n. 267 del 2000.
Con il ricorso oggetto della vertenza di alcuni candidati nelle liste collegate al candidato Sindaco signor *** (sconfitto in sede di ballottaggio), hanno impugnato in sede giurisdizionale gli esiti della competizione elettorale, lamentando l’erronea e illegittima attribuzione del predetto premio di maggioranza ed evidenziando, in particolare, che al primo turno le liste collegate al signor *** avevano conseguito la maggioranza dei voti validi (12.633), ciò che non avrebbe consentito di attribuire il premio di maggioranza al candidato poi risultato eletto sulla base dei voti ottenuti dallo stesso.
La disciplina di riferimento per l'elezione del Sindaco nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti è contenuta nell'art. 73, d.lgs. n. 267 del 2000, il cui comma 10 dispone che: “Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia superato il 50 per cento dei voti validi. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi”.
Questo articolo disciplina sia il caso in cui il candidato Sindaco sia eletto al primo turno, sia il caso in cui risulti necessario procedere al turno di ballottaggio.
Nella prima ipotesi il 60 per cento dei seggi viene assegnato al candidato Sindaco che abbia riportato almeno il 40 per cento dei voti validi, sempre che nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia superato il 50 per cento dei voti validi.
Nella seconda ipotesi, invece, il premio del 60 per cento viene assegnato a condizione che non sia già stato conseguito almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio e nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi.
Come rilevato dal Consiglio di Stato, «una corretta esegesi della disposizione in esame attorno alla quale ruota [il ricorso] non può prescindere dalle indicazioni offerte dalla Corte Costituzionale nelle pronunce n. 107/1996 e n. 275/2014.
La prima delle citate sentenze ha affrontato la questione della legittimità costituzionale dell'abrogato art. 7, comma 6, l. 81/1993, esaminando le censure di costituzionalità formulate avverso il diverso operare del meccanismo del premio di maggioranza nel primo turno e nel turno di ballottaggio. Nel primo turno, che si concluda con l'elezione diretta del Sindaco che consegua la maggioranza assoluta dei voti, la Corte ha valutato in linea con i principi costituzionali il meccanismo che consente l'elezione di un Sindaco collegato a liste che non ottengano la maggioranza assoluta, ritenendo che ricada nella discrezionalità del legislatore ordinario prevedere un voto disgiunto, che nell'ipotesi appena descritta costringa il Sindaco a ricercare quella maggioranza consiliare, non raggiunta nelle urne, all'interno, invece, del Consiglio comunale.
Del pari costituzionalmente legittimo è stato qualificata la modesta correzione, operante nel caso di elezione che si concluda al primo turno, rappresentata da un premio di maggioranza sia pure con le condizioni previste dal citato art. 7.
Nel turno di ballottaggio, invece, la Corte precisa che: “Non c'è più la possibilità di voto disgiunto, perché si vota soltanto il candidato sindaco collegato ad una o più liste. L'elettore quindi non può più esprimere il consenso al candidato, contemporaneamente, però, bocciando il collegamento dal medesimo prescelto: la sua manifestazione di volontà è necessariamente unica e quindi più non sussiste alcun ostacolo intrinseco a valorizzare il collegamento - nuovamente espresso in questo secondo turno mediante l'abbinamento grafico tra il nome del candidato sindaco ed i simboli delle liste a lui collegate - al fine di introdurre un più rigido effetto di trascinamento attribuendo alla lista collegata al Sindaco la maggioranza assoluta dei seggi nella percentuale del 60% come premio di maggioranza. Salva solo in questo caso l'ipotesi del già avvenuto conseguimento, nel primo turno, della maggioranza assoluta da parte di una lista non collegata al Sindaco, eccezione questa che rappresenta la residua proiezione, anche nel turno di ballottaggio, dell'esigenza di tener conto del voto disgiunto”.
La ratio di tale sistema è da rinvenire nell'esigenze di riparare situazioni nelle quali il voto si presenta frammentato, attraverso meccanismi però che devono contemperare il principio di rappresentatività con quello di governabilità dell'ente locale.
Così nel caso in cui una lista abbia già conseguito la maggioranza assoluta al primo turno, ma ciò non abbia portato all'elezione diretta del Sindaco, il legislatore intende favorire forme di aggregazione del voto, senza però giungere a porre nel nulla l'indicazione elettorale espressa al primo turno in modo così consistente da far guadagnare ad una lista la maggioranza assoluta dei seggi consiliari.
In definitiva, la governabilità non si pone quale esigenza assoluta del sistema e ciò secondo la citata pronuncia del giudice delle leggi è dimostrato “dall'ipotesi, che può verificarsi e della cui legittimità non si dubita, della maggioranza assoluta conseguita (al primo turno) dalla lista contrapposta, o comunque non collegata, al candidato eletto Sindaco. In questo caso (in cui il rischio della c.d. "ingovernabilità" è massimo) il Sindaco, salva la facoltà di dimettersi così provocando lo scioglimento del Consiglio, deve convivere con una maggioranza a sé contrapposta; ma ciò è conseguenza della divaricazione del consenso espresso dall'elettorato con il voto disgiunto, divaricazione, che il legislatore intende rispettare per non premiare (…) il Sindaco che si è collegato alla lista che non riscuote sufficienti consensi”.
...OMISSIS...
Alla luce delle considerazioni svolte, deve ritenersi fondata la tesi sostenuta nell’odierno gravame, anche perché assicura quell'equilibrio tra principio di rappresentatività e di governabilità garantito dal legislatore ponendo dei limiti all’attribuzione del premio di maggioranza, che peraltro la Corte Costituzionale ha ritenuto costituzionalmente legittimo.
In conclusione, l’art. 73, comma 10, citato deve essere interpretato nel senso che il premio di maggioranza del 60 per cento viene assegnato al candidato eletto Sindaco al secondo turno, a condizione che nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato, nel turno medesimo, il 50 per cento dei voti validi.
La conclusione in esame non è contraddetta, contrariamente a quanto dedotto dal Comune resistente, dalle sentenze n. 3022 del 2010, n. 82 del 2012 e n. 2174 del 2017 del Consiglio di Stato, le quali si sono limitate a rilevare che, nell’ambito dei voti validi ex art. 73, comma 10, citato, debba farsi rientrare la totalità dei voti espressi e quindi anche «i voti validi complessivi conseguiti al primo turno dai candidati alla carica di sindaco (e dunque, oltreché sui voti di lista automaticamente assegnati al candidato sindaco collegato alla lista ai sensi dell’art. 72, comma 3, d. lgs. n. 267/2000, anche sui voti espressi singolarmente a favore dei soli candidati sindaci senza voti di lista, in esplicazione del c.d. voto disgiunto)» (Cons. Stato, n. 3022 del 2010).
Ed è ciò che è accaduto nel caso di specie, ove le liste collegate al candidato Sindaco ***, che non è risultato eletto all’esito del ballottaggio, hanno conseguito, nel turno medesimo, 12.633 voti.
Quindi, avendo le liste collegate a *** conseguito al primo turno più del 50 per cento dei voti validi, alle liste collegate al candidato eletto Sindaco al ballottaggio, ***, non poteva essere attribuito, come invece è stato fatto, il premio di maggioranza.
Il ricorso va pertanto accolto e va modificato il risultato delle elezioni del Comune di Avezzano, nel senso che devono essere attribuiti 9 seggi di consigliere comunale, invece di 15, alle 7 liste collegate al Sindaco *** e 13 seggi di consigliere comunale, invece che 7, alle 10 liste collegate al candidato non eletto ***.
Si è così realizzato il famoso fenomeno dell'anatra zoppa con un Sindaco che si ritrova con meno consiglieri della minoranza. Il TAR ha applicato correttamente la legge.

Nessun commento:

Posta un commento