Le concessioni perpetue non possono essere dichiarate scadute dal Comune. In proposito è stata emessa di recente dal Consiglio di stato, Sezione IV la sentenza n. 4530 in data 28 settembre 2017 nella quale dopo avere ricostruito la normativa in bae alla quale erano state rilasciate le concessioni: Regio Decreto 25 luglio 1892 (recante approvazione del nuovo regolamento di polizia mortuaria), il cui art. 100 espressamente prevedeva che “Il posto per sepolture private potrà essere concesso per tempo determinato o a perpetuità”.
La circostanza che successivi regolamenti di polizia mortuaria (art. 93 del d.p.r. 21 ottobre 1975, n. 803) abbiano escluso la natura perpetua delle concessioni non toglie valore, ma anzi rafforza la considerazione che fino al un certo momento storico (in tal senso anche il R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880, art. 70, successivo a quello ratione temporis applicabile al nostro caso ma allo stesso modo confermativo della natura perpetua del titolo concessorio) le concessioni potevano essere rilasciate sine die, salvo ovviamente l’esercizio da parte della stessa amministrazione di rivedere le proprie decisioni in via di autotutela.
Nel caso di specie è, invece, accaduto che l’amministrazione comunale ha ritenuto le concessioni scadute nella loro vigenza e non sottoponibili al rinnovo per un ulteriore periodo di tempo a motivo dell’opportunità di ampliare l’accesso al nuovo cimitero, per rendere più comodo il passaggio.
Al riguardo il Collegio ha sottolineato come "al di là della condivisibilità o meno delle scelte amministrative nella gestione dei mancati rinnovi, che non compete a questo giudice sindacare se non nei limiti in cui ciò trasmodi nel vizio dell’eccesso di potere per la manifesta e macroscopica illogicità o irragionevolezza dell’agire, è da osservare che nella fattispecie all’esame tale aspetto della questione nemmeno si pone, restando del tutto irrilevante e inconferente sia l’osservazione (aggiunta ad colorandum) dalla parte appellante circa l’illogicità della scelta comunale di dichiarare la decadenza delle due concessioni a fronte della menzionata motivazione se poi il nuovo cimitero è stato realizzato in altra e diversa zona, sia la (ritenuta) dal giudice di prime cure sufficienza e adeguatezza della motivazione a sorreggere l’atto impugnato.
Qui, in altri termini, venendo in rilievo un rapporto giuridico di durata caratterizzato dalla natura perpetua della concessione, non potrebbe proprio sul piano logico-giuridico darsi luogo alla possibilità, come ritenuto dal primo giudice, di una venuta a scadenza del termine e di un conseguente potere, da parte dell’amministrazione comunale, di disporre proroghe del termine medesimo o rinnovi del rapporto in sé complessivamente considerato.
Di fronte ad una concessione perpetua l’amministrazione potrebbe, semmai, nell’esercizio del proprio potere di autotutela revocare l’atto per sopravvenuti motivi di interesse pubblico o per mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o, anche, semplicemente, per una nuova valutazione degli elementi e dei presupposti di fatto preesistenti, ma ciò con il rispetto delle garanzie e delle modalità (soprattutto quanto alla previsione dell’indennizzo economico) previste dall’art. 21-quinquies della legge generale n. 241/1990 a tutela delle posizioni giuridiche maturate dal privato a seguito dell’atto ampliativo.
Pertanto, non essendo stato esercitato, nel caso che ci occupa, il potere di revoca in via di autotutela con tutte le garanzie ad esso sottese ed essendo stata fatta applicazione di un regime (quello del rinnovo) predicabile per i soli rapporti di durata sottoposti a termine, evenienza – questa – che non ricorre per tutto quanto sopra detto, attesa la natura perpetua delle concessioni, non può che concludersi nel senso dell’illegittimità dell’atto impugnato".
Pertanto i giudici di palazzo Spada hanno dato ragione ai ricorrenti.
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