giovedì 14 dicembre 2017

UNA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SUL'UTILIZZO DELL'AVANZO DI GESTIONE DA PARTE DEI COMUNI

La corte costituzionale si è pronunciata di recente in merito al ricorso della Provincia autonoma di Bolzano, che ha impugnato, tra gli altri, l’art. 1, comma 1, lettera b), della legge 12 agosto 2016, n. 164 (Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243 in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali), in riferimento agli artt. 16, 79, 80, 81, 83, 84 e 104 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol), agli artt. 16, 17 e 18 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), nonché agli artt. 81, 97, secondo comma, 117, terzo comma, e 119 della Costituzione.
Si tratta delle norme che Al riguardo la Corte con la sentenza n, 247/2017 ha ritenuto che  «l'avanzo di amministrazione, una volta accertato nelle forme di legge, è nella disponibilità dell'ente che lo realizza» e non risulta incluso fra le entrate finali solo perché la legge 243 riguarda il bilancio di previsione, mentre l'avanzo è accertato in sede di rendiconto.
Le limitazioni all'utilizzo dell'avanzo e del fondo pluriennale vincolato motivate da esigenze di finanza pubblica non possono pregiudicare il regolare adempimento delle obbligazioni passive da parte degli enti territoriali.
Ancora più nette le affermazioni sul fondo pluriennale vincolato, che gli enti hanno «la piena facoltà di gestire» indipendentemente dalla sua collocazione in bilancio.
Benchè la sentenza consista in un rigetto del ricorso  contiene in realtà un preciso e difficilmente eludibile monito al legislatore, che viene inviato a non abusare di «tecnicità contabile» per distorcere il disegno costituzionale.
Così diviene difficile a questo punto, ad esempio, giustificare l'esclusione dal saldo del fondo pluriennale vincolato derivante da debito, ovvero (dal 2020) non alimentato da entrate finali, perché ciò comporta (in contrasto con la lettura costituzionalmente orientata della Corte) il rischio di ostacolare l'adempimento di obbligazioni «legittimamente assunte e in origine dotate di piena copertura finanziaria». Stesso discorso sembra valere per l'avanzo, almeno per quello accantonato, il cui utilizzo è al momento fortemente ostacolato dal pareggio. Ma la sentenza fa pochi sconti anche sull'avanzo libero, anche se richiama gli stessi enti ad una migliore programmazione per «un armonico perseguimento delle finalità pubbliche attraverso il minor impiego possibile delle risorse acquisite mediante i contributi e il prelievo fiscale».
Sarà i prossimo parlamento a dover affrontare il problema ma occorre fare presto, prima che si assista ad un percioloso braccio di ferro tra amministrazioni comunali e Stato.

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