Alcuni lettori mi chiedono come funzioni l'obbligo di astensione previsto dall' articolo 78, comma 2, del D. Lgs. 267/2000 che stabilisce quanto segue: "
Gli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado".
L'obbligo di astensione per incompatibilità del consigliere comunale, è espressione del principio generale di imparzialità e di trasparenza (art. 97 Cost.), al quale ogni Pubblica Amministrazione deve conformare la propria immagine, prima ancora che la propria azione.
L'obbligo di astensione degli amministratori locali costituisce principio di carattere generale ex art. 78, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 (T.U. Enti locali), che non ammette deroghe o eccezioni, ricorrendo ogni qualvolta sussista una correlazione diretta fra la posizione dell'amministratore e l'oggetto della deliberazione, anche se la votazione potrebbe non avere altro apprezzabile esito e la scelta fosse in concreto la più utile e opportuna per l'interesse pubblico; e tale dovere sussiste in tutti i casi in cui essi versino in situazioni che, avuto riguardo al particolare oggetto della decisione da assumere, appaiano - anche solo potenzialmente - idonee a minare l'imparzialità dei medesimi.».
Preliminarmente occorre definire se sussista o meno una correlazione diretta fra la posizione dell'amministratore e l'oggetto della deliberazione.
La giurisprudenza ha, infatti, sottolineato in diverse occasioni che la norma è chiara nello stabilire in termini generali l'obbligo di astensione dei consiglieri in tutte le ipotesi in cui sia ravvisabile una relazione specifica tra l'oggetto della delibera approvata e gli interessi facenti capo all'amministratore o ai suoi parenti o affini entro il quarto grado.
L'obbligo di astensione esisteva anche in base alla normativa precedente all'attuale TUEL.
Il TAR del Molise, Sezione I, Sentenza n. 718 del 3 novembre 2011 ha confermato che l’obbligo di astensione degli amministratori locali costituisce principio di carattere generale, che non ammette deroghe o eccezioni, ricorrendo ogni qualvolta sussista una correlazione diretta fra la posizione dell’amministratore e l’oggetto della deliberazione, anche se la votazione potrebbe non avere altro apprezzabile esito e la scelta fosse in concreto la più utile e opportuna per l’interesse pubblico.
Il Consiglio di Stato con una propria Sentenza del 16 maggio 2016, n. 1969 che, in relazione all'esistenza del conflitto di interessi ha affermato: che l'obbligo sussiste allorché i componenti di un collegio amministrativo siano portatori di un interesse personale divergente da quello affidato alle cure dell'organo di cui fanno parte (Cons. Stato, Sez. III; 2/4/2014, n. 1577; Sez. V, 13/6/2008, n. 2970).
Altre sentenze sottolineano l'obbligo di astensione quando dalla situazione concreta emerga la mancanza di una posizione di neutralità rispetto a concreti interessi a contenuto patrimoniale facenti capo direttamente e indirettamente al consigliere comunale.
Naturalmente il conflitto di interessi può essere rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo di astensione di cui all'articolo 78, comma 2, TUEL, a tutela dell'immagine dell'amministrazione.
A sua volta l'ANAC con un atto di segnalazione in data 4 novembre 2015, n. 7 ha fatto presente in particolare che l’art. 78 prevede che il comportamento degli amministratori degli enti locali deve essere improntato all’imparzialità e al principio di buona amministrazione, nel pieno rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità degli organi politici e di quelle proprie dei dirigenti delle rispettive amministrazioni. Prescrive, poi, che tali amministratori «devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado» con esclusione dei soli provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici «se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado». Prevede, infine, il co. 5, che «[...] ai consiglieri comunali [...] è vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e province».
Se le ipotesi di incompatibilità previste dall’art. 63 del TUEL già citato sono volte a prevenire le situazioni di conflitto di interessi in capo ai titolari di cariche elettive attraverso l’individuazione di posizioni o di situazioni che tipicamente possono dar luogo a tale conseguenza, l’art. 78 contiene la clausola generale in base alla quale per tutti gli amministratori locali vi è sempre l’obbligo di astensione qualora vengano a trovarsi in posizione di conflitto, in quanto portatori di interessi personali, diretti o indiretti, in contrasto potenziale con quello pubblico. Pertanto, anche quando non risultino integrati tutti i presupposti di cui all’art. 63 che danno luogo ad incompatibilità, potrebbero, comunque, sussistere gli estremi del conflitto di interessi, con conseguente obbligo di astensione dell’interessato dalla decisione che deve essere assunta dall’organo collegiale.
Per le cause di incompatibilità dell’art. 63, nel TUEL è anche previsto un sistema che permette di contestarle all’interessato su iniziativa non solo del consiglio comunale, ma anche del Prefetto competente e di tutti gli elettori. Infatti, in base all’art. 69, il consiglio comunale d’ufficio o su istanza di qualsiasi elettore, può provvedere alla contestazione delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità anche sopravvenute; in seguito, l’amministratore dispone di un termine di dieci giorni, per formulare le proprie osservazioni ed all’esito il consiglio delibera sulla questione, invitando l’interessato a rimuovere la causa di incompatibilità o ad esprimere, se del caso, la opzione per la carica che intende conservare.
Per le ipotesi di inottemperanza al deliberato del consiglio, quest’ultimo può, infine, dichiarare decaduto il consigliere.
Inoltre, l’art. 70 recante “Azione popolare” prevede uno specifico rimedio giurisdizionale attivabile al fine di ottenere una sentenza di accertamento della eventuale causa incompatibilità; la legittimazione ad adire il Tribunale civile è riconosciuta a qualsiasi cittadino elettore del comune, a chiunque altro vi abbia interesse, nonché al Prefetto.
Quanto alle ipotesi di conflitto d’interesse di cui all’art. 78, invece, pur essendo imposto un generale obbligo di astensione per i consiglieri che si vengano a trovare in tale situazione, non è prevista alcuna ulteriore disposizione per assicurarne l’effettivo rispetto. In altri termini, la deliberazione adottata con il voto del consigliere in conflitto d’interessi è suscettibile di impugnativa innanzi al giudice competente da parte dei soggetti interessati, ma non è previsto alcun sistema di controllo esterno o popolare, né è prevista alcuna forma di contestazione formale da parte del consiglio.
Peraltro, sembra utile rilevare che la violazione dell’obbligo di astensione in caso di conflitto di interesse dei pubblici dipendenti - previsto dall’art. 6-bis della l. 241/1990 - dà luogo a responsabilità disciplinare suscettibile di essere punita con l’irrogazione di sanzioni, all’esito del relativo procedimento, oltre a poter costituire fonte di illegittimità del procedimento e del provvedimento conclusivo dello stesso, quale sintomo di eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della funzione tipica dell’azione amministrativa (cfr. Piano Nazionale Anticorruzione di cui alla delibera Civit dell’11 settembre 2013, n. 72 - Allegato 1, par. B.6.). Al contrario, nessun analogo sistema sanzionatorio è previsto per le ipotesi di mancata astensione nella situazione di conflitto di interesse di cui all’art. 78.
Nulla vieta che nelle ipotesi di cui all’art. 78, il consiglio comunale, pur in assenza di un’espressa disposizione al riguardo, provveda comunque ad una formale contestazione nei confronti del consigliere che si accinga a partecipare alla decisione, anche se si trova in una posizione di conflitto d’interessi. Tuttavia, in base a quanto riscontrato nell’ambito dell’attività di analisi svolta in seguito alle numerose segnalazioni già pervenute, potrebbe essere opportuno integrare la disposizione citata, prevedendo un procedimento di contestazione e un sistema sanzionatorio in caso di mancato rispetto dell’obbligo. Infatti, l’art. 78 si pone come obiettivo quello di assicurare il corretto adempimento del mandato elettivo e di garantire la realizzazione degli interessi tutelati dall’art. 97, co. 1, della Costituzione; pertanto, idonee integrazioni a garanzia dell’effettiva applicazione della disciplina sono da ritenersi auspicabili.