Di recente in molte parti d'Italia i cittadini si sono trovati alle prese con la decisione assunta dal Ministero della salute, d'intesa con quello dell'economia e delle finanze, di "trasformare" i Punti di primo Intervento in postazioni medicalizzate del 118 implementando l'attività ambulatoriale al fine di trasferire al sistema dell'assistenza primaria le patologie a bassa gravità e che non richiedono trattamento ospedaliero mantenendo rigorosamente separata la funzione di urgenza da quella di assistenza primaria.
Tra le argomentazioni portate, in molti casi è stata evidenziata l'elevata numerosità di accesso ai PPI di codici bianchi ai PPI al fine proprio di avvalorare la non appropriatezza di detti accessi e quindi l'assenza di necessità di mantenere detti presidi.
Alcune regioni hanno introdotto un ticket di 25 euro nei confronti di chi si è recato al Pronto soccorso per un codice bianco (D.L. 98/2011 convertito con legge 111/2011).
Ancora una volta si cerca di colpevolizzare i pazienti per un problema che talora nasce dalla disorganizzazione di alcune aziende sanitarie.
Non si comprende infatti perché i massimi dirigenti della sanità locale prendano in esame solamente i dati statistici dei PPI e non esaminino prima anche quelli dell'attività della Guardia medica.
Si tratta di una grave carenza dei controlli interni.
Com'è noto il servizio della Guardia medica è oggi regolamentato dagli artt. 48 e seguenti dell' Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti
con i medici di medicina generale, ai sensi dell’art. 8 del decreto legislativo
502/92 come modificato dai decreti legislativi n. 517/93 e n. 229/99 che attribuisce obblighi precisi ai medici della continuità assistenziale (art. 52), ma anche alle aziende che devono fornire al medico di continuità assistenziale i farmaci e il materiale di pronto soccorso, necessari all'effettuazione degli interventi di urgenza individuati in sede regionale sentito il comitato di
cui all'art. 12; in mancanza l'Azienda provvede tenendo conto delle indicazioni del comitato di cui all'art. 11.
L’Azienda sanitaria locale deve provvedere altresì:
a) alla disponibilità di mezzi di servizio, possibilmente muniti di radiotelefono e di strumenti acustici e visivi, che ne permettano l'individuazione come mezzi adibiti a soccorso;
b) ad assicurare in modo adeguato la registrazione delle chiamate presso le centrali operative;
c) a garantire nei modi opportuni la tenuta e la custodia dei registri di carico e scarico dei farmaci, dei presidi sanitari e degli altri materiali messi a disposizione dei medici di continuità assistenziale.
Non risulta che tutte le aziende provvedano ad adempiere a quanto di loro spettanza, né a controllare l'attività dei medici assegnati al servizio per cui i pazienti sono costretti (ma spesso addirittura invitati dallo stesso personale della guardia medica) a rivolgersi al PPI o al PS più vicino.
Oramai in molte località i pazienti hanno imparato a non rivolgersi più alla guardia medica e a recarsi direttamente al PPI.
Ma questa è una colpa loro o della ASL che non ha mai messo in condizione il personale della Guardia medica di poter svolgere il proprio lavoro assegnandogli le necessarie risorse, né mai controllato quanti pazienti visitassero, quante visite domiciliari facessero, ecc.?
Non è possibile ipotizzare la chiusura dei PPI senza una adeguata valutazione anche dei dati relativi all'attività del personale addetto oggi alla continuità assistenziale.
Non è possibile ipotizzare la chiusura dei PPI senza una adeguata valutazione anche dei dati relativi all'attività del personale addetto oggi alla continuità assistenziale.
Per i codici bianchi che arrivano al PPI o ai P.S. non vanno colpevolizzati i pazienti, che sono vittime della disorganizzazione di talune aziende sanitarie; i vertici delle aziende dovrebbero prima verificare se hanno fatto tutto quanto di loro competenza per assicurare servizi adeguati ai pazienti.
Meraviglia come ciò accada anche in aziende che sono perfettamente al corrente delle disfunzioni esistenti, tanto da aver avviato procedimenti disciplinari nei confronti di alcuni medici della Guardia medica.
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