lunedì 9 gennaio 2017

IL RUOLO DEI COMUNI NELLE SOCIETA' PARTECIPATE ALLA LUCE DEL D.LGS 175/2016 SECONDO LA CORTE DEI CONTI

La Corte dei conti, Sezione della Lombardia con un parere del 21 dicembre scorso (n. 398/2016) ha ritenuto che il ruolo centrale dell’amministrazione locale quale interprete primario dei bisogni della collettività locale, riconosciuto anche a livello costituzionale, non può essere messo in discussione dalla mancanza di un organico quadro legislativo che individui le funzioni comunali perché, semmai, il legislatore può solo specificare quali siano gli ambiti che non rientrano nella competenza comunale (parere n. 23 dell’11 aprile 2008)
Tuttavia, ha proseguito la Corte che  l’ente che non ha fini di lucro non può svolgere attività di impresa, e la possibilità quindi, di costituire società o è prevista espressamente dalla legge oppure può essere consentita per lo svolgimento di servizi generali (servizi pubblici economici e non) -Vedi consiglio di stato sez. III sent.1574 del 2012 e n.122/2013-
La disciplina legislativa nelle diverse declinazioni che si sono succedute negli ultimi anni ha come cifra permanente quella di eliminare dall’azione degli enti locali (e non solo) le attività economiche per interessi estranei alle finalità istituzionali dell’ente o per fini esclusivamente commerciali.
Spetta, quindi, al singolo ente valutare quali siano le necessità della comunità locale e, nell'ambito delle compatibilità finanziarie e gestionali, avviare le “politiche” necessarie per soddisfarle.
Il decreto legislativo 175/2016 all’art 2 comma 1 lettera h) definisce i servizi di interesse generale così come appresso: “servizi di interesse generale»: le attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell'ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l'omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale “
Alla luce della definizione di servizio generale introdotta dal decreto, che replica proposizioni già espresse dalla normativa comunitaria, il servizio può essere svolto dall’ente locale se l’intervento dell’ente stesso sia necessario per garantire l’erogazione del servizio, alle condizioni stabilite nella disposizione appena richiamata, ossia se, senza l’intervento pubblico sarebbero differenti le condizioni di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione qualità e sicurezza al servizio oggetto di attenzione.
Nel caso in cui la partecipazione dell’ente sia minoritaria (ed in assenza di altri soci pubblici, che consentano il controllo della società ), il servizio espletato non è da ritenere “servizio di interesse generale” posto che, a prescindere da ogni altra considerazione relativa alle finalità istituzionali dell’ente, l’intervento pubblico (stante la partecipazione minoritaria) non può garantire l’accesso al servizio così come declinato nell’art.4 :l’accesso al servizio non sarebbe svolto dal mercato o sarebbe svolto a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica, economica ,continuità ,non discriminazione.
Infatti, ha concluso la Corte, una partecipazione poco significativa non sarebbe in grado di determinare le condizioni di accesso al servizio che potrebbero legittimare il mantenimento della quota.

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