sabato 14 luglio 2018

I CONTROLLI DI QUALITA' NEGLI ENTI LOCALI SONO INADEGUATI SECONDO LA CORTE DEI CONTI

Con la deliberazione n. 13/2018 la sezione delle Autonomie della corte dei conti ha affrontato il problema dei controlli interni della P.A. e degli enti locali con particolare attenzione a quelli di qualità
Il controllo di qualità misura l’erogazione delle prestazioni rispetto all’analisi dei bisogni, rapportando la soddisfazione degli stessi rispetto a standard predefiniti. In esso si procede alla rilevazione della c.d. customer satisfaction, in cui il compito dell’amministrazione è dare risposte adeguate alle esigenze dei fruitori dei servizi.
Le disposizioni che esprimono il principio, già presenti nell'ordinamento (d.lgs. n. 286/1999, al Capo III “Qualità dei servizi pubblici e carte dei servizi”, art. 11, oltre ad alcune direttive ministeriali e della Presidenza del Consiglio), sono riprese dall’art. 147, co. 2, lett. e), del Tuel, che completa il controllo di qualità, all’interno di un sistema organico. La citata disposizione intende indirizzare l’organo preposto, eventualmente anche esterno all’Ente, verso verifiche di gradimento che non siano, come in passato, episodiche e saltuarie, ma metodiche e cadenzate, secondo un sistema organizzativo rinnovato, adatto a un modello di controllo che si atteggia come una novità.
Visto che l’efficacia di un servizio dipende anche dalla sua idoneità a soddisfare i bisogni degli utenti, anche nel settore pubblico si è fatta strada l’esigenza di assicurare prestazioni con standard uniformi, che offrano funzioni e servizi qualitativamente sempre più adeguati ai bisogni degli utenti. D’altro canto, la misurazione dell’efficacia di un servizio non concerne solo il profilo soggettivo del suo gradimento, ma s'inserisce bene anche nel processo programmatorio dell'Ente, che può concepire quale obiettivo ulteriore il miglioramento della qualità delle prestazioni. Ciò nasce dalla tendenza a ritenere che tutte le caratteristiche delle prestazioni siano misurabili, con la conseguenza che si possono prefissare degli standard di qualità oggettivi che l’Ente è obbligato a perseguire. Quando il raffronto tra la qualità programmata secondo standard di gradimento e la qualità erogata concretamente dai servizi dà esito positivo, il relativo controllo può considerarsi compiuto.
Come per l’esercizio precedente, i quesiti posti relativamente all’esercizio 2016 hanno riguardato i report previsti, redatti e ufficializzati, le azioni correttive intervenute, la quantità di personale impiegato, la periodicità della misurazione della soddisfazione degli utenti, la misurazione effettuata solo su alcuni servizi e l’uso di un folto numero di indicatori che vanno dall’accessibilità delle informazioni all’adozione della Carta dei servizi. Come per gli altri controlli, si è aggiunta la domanda sul diverso grado delle difficoltà incontrate.
La verifica è avvenuta nei confronti di 479 Enti, pari a circa il 63% del totale, che sono i soli ad aver istituito il controllo di qualità, ovvero 42 Province, 430 Comuni e 7 Città metropolitane.
Trattasi di una quota modesta, dovuta anche al fatto che 32 Province, 218 Comuni e 2 Città metropolitane si dichiarano inadempienti (oltre a 3 Province e 9 Comuni che non rispondono affatto66).
I report prodotti complessivamente sono stati 3.655, a fronte di una previsione contenuta nei regolamenti di soli 699, mentre sono appena 239 i report tradotti in delibere di Consiglio o di Giunta. Il fenomeno, che il controllo di qualità in parte condivide con quello di gestione e sulle società partecipate, replica quanto avvenuto nel 2015, quando 592 Comuni si erano limitati a tradurre in delibere solo 162 dei circa 2.000 report redatti. Visto che gli organi di vertice non fanno proprie le osservazioni degli organi di controllo, i numerosissimi report restano documenti autoreferenziali, da cui i destinatari non fanno scaturire misure autocorrettive. Limitatamente ai report, la situazione non riguarda le Province (che, anzi, ne hanno redatto 16 in meno rispetto alle previsioni), quanto i Comuni e le Città metropolitane, che hanno praticamente quintuplicato le relazioni sul controllo di qualità. I report ufficializzati in delibere sono, invece, scarsi ovunque (210 per i Comuni, 24 per le Province e 5 per le Città metropolitane, con 10 Province, di altrettante Regioni, in cui le delibere pubblicate sul controllo di qualità sono del tutto assenti). Il riscontro, chiaramente negativo, lo dà il numero di azioni correttive adottate nei soli Comuni (88), numero assolutamente esiguo, tanto più se si raffronta alle 114 dell’anno precedente.
La quantità di personale impiegato nei 479 Enti che hanno istituito il controllo di qualità è pari a 891 unità, in crescita rispetto alle 627 registrate nel 2015. In controtendenza le 7 Province e i 172 Comuni della Toscana, dove si conta una forza lavoro pari a 179 addetti.
Il controllo di qualità si esercita essenzialmente tramite l’applicazione di indicatori, che, per le rilevazioni dell’esercizio 2016, si articolano in nove tipologie, che vanno dall'accessibilità delle informazioni (indicatore utilizzato in 401 Enti)67, alla tempestività nell’erogazione del servizio (in 397 Enti), alla trasparenza di criteri e tempi di erogazione (in 337 Enti), ai costi (in 216 Enti), fino agli aspetti collegati alla trasparenza sulle responsabilità del servizio (in 278 Enti), alla correttezza verso l’utenza (in 400 Enti), all’affidabilità del servizio (in 392 Enti), alla sua compiutezza (in 367 Enti) e alla fissazione degli standard (in 272 Enti).
Gli aspetti meno soddisfacenti del controllo di qualità concernono la trasparenza sui costi (che risulta scarsa, con esiti positivi nel solo 29% circa dei casi), le responsabilità del servizio (trasparente nel 37% circa dei casi) e l’adozione della Carta dei servizi (adottata in circa il 36%
Una bocciatura secca per i controlli interni di qualità negli enti locali.

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