Nel 1999 fu firmata a Strasburgo la Convenzione penale europea sulla corruzione che è stata ratificata dall’Italia solamente con la legge 116/2009.
Nel 2012 l’Italia era collocata al 72° posto nella graduatoria stilata da Transparency International ed era uno dei peggiori tra i Paesi europei.
Molte imprese non investono in Italia per questo motivo.
Allo scopo di invertire questa situazione finalmente il Parlamento italiano nl 2012 approvò la legge n. 190 recante disposizioni per a prevenzione e a repressione della corruzione e dell’illegalità nella P.A. che all’art. 1 istituisce l’Autorità Nazionale Anticorruzione.
Nel corso di questi anni, grazie anche all'impegno del suo presidente sono stati fatti molti passi avanti, così che nel 2017 l’Italia è risalita al 60° posto nella graduatoria di Transparency International.
Il Procuratore generale della Corte dei Conti nella sua ultima relazione annuale ha lanciato l’allarme per la corruzione nella pubblica amministrazione in Italia, puntando il dito su truffe e sprechi e ha sollecitato maggiori controlli. Nel mirino in particolare sono proprio gli enti locali ove sono maggiori le manipolazioni ma anche le opere incompiute e la mala gestione del patrimonio pubblico.
Sembrava che le cose stessero comunque migliorando anche grazie alla Magistratura e alle Forze dell’ordine che in questi ultimi tempi hanno messo a segno numerose operazioni anticorruzione stroncando alcune organizzazioni diffuse anche ad alto livello, a dimostrazione che ancora oggi la corruzione è un fenomeno presente a tutti i livelli che coinvolge politici, dirigenti e funzionari anche in luoghi insospettabili.
Appena conosciuto l’esito delle elezioni da molte parti si sono alzate voci per modificare il codice dei contratti ma anche per snellire le procedure poste a carico degli enti locali che affermano di non poter lavorare a causa di lacci e lacciuoli.
La verità è che spesso alcuni amministratori comunali incapaci, per ingannare i loro elettori cercano di scaricarsi delle loro responsabilità attribuendo le colpe ad altri.
Il problema è che, da quanto si legge sulla stampa quotidiana (La Repubblica del 10 luglio 2018) sembrerebbe che il Governo sia intenzionato a dare ascolto a queste proteste che vengono anche da alcuni imprenditori che vogliono eliminare alcune forme di controlli attribuite direttamente all’ANAC.
Verrebbe sottratta all’ANAC anche la possibilità di impugnare i bandi di gara e di stabilire le regole di vigilanza. Così come verrebbe ridimensionato il controllo sugli equi compensi e l’accreditamento delle imprese. Quasi tutta la vigilanza preventiva, insomma, verrebbe soppressa”. Tra le novità che il governo vorrebbe introdurre, una "privatizzazione degli appalti" attraverso lo strumento della concessione, che darebbe potere totale ai privati sul lavoro e sulla gestione dell'esecuzione.
La motivazione consisterebbe nella presunta necessità di sbloccare gli appalti pubblici.
Il bello è che, da quanto si apprende dall’articolo citato, l’importo dei bandi pubblicati è cresciuto del 55,9% rispetto al 2017 mentre i bandi aggiudicati sono cresciuti del 75,5%. Addirittura gli appalti su progetto già approvato e quindi di sola esecuzione sono aumentati del 252%.
Pertanto appare evidente che ci sono moltissime amministrazioni serie che rispettano leggi e procedure, anche se talora complesse, riuscendo a completare anche le opere, mentre altre evidentemente hanno preferito aspettare che qualcuno arrivasse a modificare una legge che non è stata mai molto digerita.
Non dimentichiamo la potenza delle lobby che con il nuovo Parlamento e il nuovo Governo saranno senza dubbio tornate in azione.
Ora sembra che si voglia ridimensionare il ruolo dell’ANAC specialmente per quanto riguarda la vigilanza preventiva, una scelta molto pericolosa.
Certamente molti tra faccendieri e imprenditori poco corretti faranno salti di gioia.
Peraltro in considerazione del tempo trascorso sarà necessaria l’adozione di una nuova legge, si parla addirittura di infilare le modifiche in uno dei tanti commi della legge di bilancio 2019 in modo da accontentare presto e bene.
Il problema resta il fatto che la maggioranza degli appalti è in mano agli enti locali dove alberga il potere politico più prossimo agli elettori e dove da sempre si trova il maggior numero di opere incompiute e di corruzione spicciola.
Questa proposta, se portata avanti darà nuovo coraggio ai corruttori e ai corrotti e farà fare all’Italia un pesante passo indietro nella graduatoria della corruzione percepita ma purtroppo anche in quella della corruzione reale che si misura tutti i giorni con gli arresti talora eccellenti che leggiamo sulle prime pagine dei giornali.
Sarebbe invece opportuno che il Ministro per le infrastrutture e i trasporti emanasse i decreti rimasti fermi sul tavolo di Delrio per completare le deleghe contenute nel Codice dei contratti.
Se il governo ridurrà i controlli per prevenire la corruzione i cittadini dovranno attendere ancora per eliminare la corruzione da questo Paese.
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