Il 12 luglio presso palazzo Montecitorio – sala della Lupa – alle ore 11,00, è stato presentato il RAPPORTO 2018 della Corte dei conti sul Coordinamento della Finanza Pubblica.
In particolare la spesa per la previdenza e l’assistenza. Come di consueto, il Rapporto dà conto degli andamenti dei principali settori di spesa e riserva, in tale ambito, uno spazio importante alle prospettive della spesa per previdenza ed assistenza, un comparto che rappresenta quasi il 50 per cento delle uscite correnti al netto degli interessi.
Nel 2017 la spesa per prestazioni sociali in denaro è cresciuta dell’1,7 per cento, valore inferiore a quelli prefigurati sia dalla NADEF dello scorso settembre che dalla Nota tecnico-illustrativa alla legge di Bilancio 2018. L’incidenza sul prodotto è stata pari al 19,9 per cento, un decimo sotto le previsioni. Si tratta di tendenze che segnano miglioramenti rispetto agli ultimi anni e confermano come nelle fasi di crisi il “peso” del settore esponga l’intera spesa pubblica a pressioni dovute per un verso alla scarsa comprimibilità di breve periodo delle prestazioni pensionistiche, per altro verso all’esigenza di espandere le componenti di spesa anticiclica (ammortizzatori sociali, ecc).
La disaggregazione della spesa totale tra pensioni ed altre prestazioni sociali in denaro conferma la compresenza nel comparto di due diversi “motori”: il tasso di incremento della spesa pensionistica (77 per cento del totale) è stato pari all’1,2 per cento, con una flessione in termini di Pil di un decimo rispetto al 2016 (15,4 contro 15,5 punti) mentre quello delle altre prestazioni sociali è risultato del 3,4 per cento, tassi di variazioni entrambi lievemente inferiori a quanto previsto nei documenti di programmazione. Un confronto tra il dato di consuntivo ed il dato previsto per il 2017 nel primo documento di programmazione che prendeva in conto tale esercizio (il Def 2013) evidenzia come rispetto a quanto allora programmato la spesa per prestazioni sociali in denaro è stata inferiore di 14 miliardi (20,5 miliardi in meno di pensioni e sei miliardi in più di altre prestazioni sociali).
I minori esborsi netti sono da ricondurre prevalentemente all’affermarsi di un contesto di bassa inflazione, con oltre sei punti in meno di crescita cumulata dell’indice dei prezzi al consumo rilevante ai fini dell’indicizzazione delle pensioni. In termini di incidenza sul prodotto la spesa complessiva è risultata inferiore di 1 decimo di punto (19,9 contro 20 per cento) a sintesi di mezzo punto in meno di spesa pensionistica (15,4 contro 15,9) e quattro decimi in più di altra spesa sociale.
Secondo le proiezioni del Def, nel quadriennio 2018-2021 il complesso delle prestazioni sociali in denaro dovrebbe passare da 342 mila a 378 mila miliardi, con un incremento medio annuo intorno al 2,5 per cento (circa mezzo punto, in termini reali).
Un tale profilo implicherebbe una graduale leggera riduzione in termini di incidenza dell’aggregato sul prodotto interno lordo.
Diverse sarebbero le dinamiche della componente pensionistica e di quella più strettamente assistenziale: infatti, per le pensioni si prefigura un aumento intorno al 2 per cento annuo nel 2018 e 2019 e un’accelerazione vicina al 3 per cento annuo nel successivo biennio; al contrario, le altre prestazioni sociali in denaro, in crescita del 3,9 per cento quest’anno, aumenterebbero del 3,2 per cento nel 2019 per poi decelerare significativamente nel 2020-21 (1,4 e 0,7 per cento, sempre in termini nominali).
Tenuto conto che la variazione annua della spesa per pensioni è fondamentalmente determinata da tre fattori - i) l’adeguamento monetario dei trattamenti in essere, che dipende dal tasso di inflazione dell’anno precedente; ii) il saldo tra il numero delle nuove pensioni liquidate ed il numero delle pensioni che cessano; iii) il saldo tra l’importo medio delle nuove pensioni e l’importo medio delle pensioni cessanti - le proiezioni risentono, rispetto a quelle formulate nella NTI alla legge di bilancio 2018 di un migliore effetto base (dal momento che il consuntivo 2017 è stato migliore delle attese soprattutto a fronte di un quadro inflazionistico più favorevole); scontano d’altra parte un effetto inflazione più marcato di quello che deriverà presumibilmente dal quadro programmatico se il prossimo Esecutivo, in continuità con la prassi degli anni scorsi, provvederà a disattivare le clausole di salvaguardia in materia di imposte indirette e le conseguenti pressioni al rialzo sui prezzi.
D’altro canto le proiezioni riflettono il complesso della legislazione vigente che per quel che riguarda sia il numero che l’importo delle nuove pensioni liquidate ha posto freni significativi con la legge 214/2011 e disposto misure di lieve flessibilizzazione nel recente passato.
Gli incrementi previsti scontano il pieno operare delle misure varate con le ultime due leggi di bilancio che hanno disposto anche deroghe ai criteri di pensionamento previsti dalla legge 214/2011 ed hanno aumentato strutturalmente alcune voci di spesa (si pensi alla quattordicesima per i pensionati). Nel caso delle prestazioni sociali di natura più assistenziale pesano sull’accelerazione dell’anno in corso una serie di misure in favore delle famiglie, tra cui l’“APE sociale”, misure che dovrebbero cominciare ad esplicare per intero i loro effetti dopo i ritardi registrati rispetto agli originari programmi. Nel comparto più strettamente assistenziale verranno invece ad esplicare appieno i propri effetti sulla spesa le misure connesse con l’estensione e l’universalizzazione del REI
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