venerdì 6 luglio 2018

IL PARERE DELLA CORTE DEI CONTI SULLO SCHEMA DI DECRETO INTEGRATIVO E CORRETTIVO PER LA RIFORMA DEL TERZO SETTORE (D.LGS 117/2017)

La Corte dei conti il 19 giugno scorso è stata audita presso la Camera in merito allo schema di decreto legislativo concernente disposizioni integrative e correttive del D.lgs 117/2017 recante il Codice del Terzo Settore che ha inteso attuare il riordino e la revisione organica della disciplina vigente, riconoscendo, preliminarmente, il valore e la funzione sociale degli enti del Terzo settore (art. 2) e definendo i requisiti di appartenenza dei diversi soggetti, attraverso l’identificazione delle finalità che questi ultimi perseguono e non solo degli aspetti organizzativi. 
Il Codice abolisce la categoria delle ONLUS, prevedendo una disciplina di carattere generale, concernente l’individuazione dei requisiti per l’appartenenza al Terzo settore. 
All’interno della nuova definizione vengono poi disciplinate le diverse tipologie di enti: organizzazioni di volontariato (artt. 32-34), associazioni di promozione sociale (artt. 35-36), enti filantropici (artt. 37-40), imprese sociali, incluse le cooperative sociali (art. 40 che rinvia allo specifico d.lgs. n. 112 del 2017 e alla legge n. 381 del 1991), reti associative (art. 41), società di mutuo soccorso (artt. 42-44), associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato, diversi dalle società, costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma  di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi. 
Sotto il profilo organizzativo, il Codice prevede un Registro unico nazionale (art. 45) con dati e informazioni sugli Enti del Terzo Settore (dizione che supera e sostituisce quella di Enti non profit), suddiviso in specifiche sezioni. L’articolo 58 istituisce il Consiglio nazionale del Terzo settore, composto dai rappresentanti delle diverse tipologie di enti con compiti consultivi, programmatici, di vigilanza, monitoraggio e controllo. 
I Centri di servizio per il volontariato, coordinati da un Organismo nazionale di controllo (ONC) e da Organismi territoriali di controllo (OTC), aggregati in ambito pluriregionale, svolgono compiti di supporto tecnico, formativo e informativo, al fine di promuovere e rafforzare la presenza e il ruolo dei volontari negli Enti del Terzo Settore. Come evidenziato nella Relazione al Rendiconto generale dello Stato per il 2017, approvata il 26 giugno 2018, il Consiglio Nazionale del Terzo settore, la Cabina di regia e l’Organismo di controllo sui Centri di servizio per il volontariato sono stati istituiti alla fine del 2017. 
Il nucleo centrale del Codice del Terzo settore è rappresentato dal riordino delle agevolazioni fiscali previste per le diverse tipologie di enti, dalle modalità semplificate per la tenuta delle scritture contabili, nonché dalla previsione di necessari controlli finalizzati ad accertare la sussistenza e la permanenza di requisiti per l’iscrizione nel Registro e l’effettivo perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, con il conseguente diritto di avvalersi della normativa fiscale di favore. 
Gli oneri derivanti dall’attuazione del Codice del Terzo settore sono quantificati in 40 milioni per il 2017, 163 per il 2018, 166,1 a decorrere dal 2019 e a regime. 
Relativamente alla predetta quantificazione, nella citata audizione sul disegno di legge delega, la Corte sottolineava l’esistenza di incertezze e rischi, connessi: 
• all’estensione del perimetro dei soggetti appartenenti al Terzo settore, nella misura in cui i requisiti per farne parte non erano adeguatamente ancorati a parametri vincolanti; 
• all’incertezza circa l’intensità dei trattamenti agevolati assicurati dalla riforma, considerato che la genericità dei principi e criteri direttivi non consentiva un puntuale confronto con l’assetto normativo vigente. 
Le difficoltà a quantificare esattamente gli oneri connessi con la nuova disciplina derivavano fondamentalmente dalla mancata conoscenza della realtà ante riforma, cioè delle ricadute sulla finanza pubblica degli oneri connessi con le agevolazioni e gli interventi di sostegno, previsti dalla legislazione previgente, che, come detto, era estremamente parcellizzata e frammentata, con regimi fiscali diversi, a seconda della specifica tipologia delle diverse realtà che operavano nel Terzo settore. Si trattava, secondo una stima di massima aggregata, di oneri di importo pari a poco più di un miliardo, riconducibili per la maggior parte all’utilizzo del 5 per mille e alle agevolazioni relative all’IRES per gli enti non commerciali. Anche le norme volte a favorire le erogazioni liberali, inoltre, comportano un incremento delle conseguenti esenzioni fiscali, con minor gettito per l’erario. Osservava, conclusivamente, la Corte che l’effettiva copertura e compatibilità finanziaria della riforma andava valutata alla luce del recupero di una capacità programmatica, volta al pieno inserimento dell’attività svolta dagli Enti del Terzo Settore nel complessivo sistema del Welfare, in un’ottica di complementarietà e sussidiarietà, allo scopo di ridurre l’impegno pubblico, ovvero di aumentare la qualità e l’efficienza dei servizi. 
Nella citata relazione al Rendiconto 2017, peraltro, la Corte evidenziava come la selezione e l’attuazione dei progetti promossi dalle organizzazioni del Terzo settore si è rivelata complessivamente deludente. I 78 progetti nazionali ammessi al finanziamento, per un totale di risorse impegnate pari a 33,8 milioni, si presentano frammentari, autoreferenziali, di scarso impatto immediato sui bisogni della popolazione e consistenti, nella maggior parte dei casi, in incontri e manifestazioni di breve durata, volti a promuovere la sensibilità verso determinate tematiche. I 26 milioni destinati ad iniziative locali sono stati distribuiti tra le Regioni interessate sulla base di un criterio che privilegia il numero delle associazioni di volontariato operanti nel territorio, a testimonianza che si tratta più di un finanziamento a pioggia in favore dei predetti enti, che di un contributo per iniziative volte ad alleviare situazioni di disagio e di deprivazione. 
Osservava la Corte come proprio l’emanazione di un’auspicata, completa normativa sugli Enti del Terzo Settore - con un’esatta individuazione dell’area di operatività e della potenzialità di ciascuna associazione di volontariato - rappresentava il Corte dei conti Audizioni 2018 6 presupposto per un recupero di capacità programmatica degli interventi. In un’ottica di sussidiarietà e solidarietà, l’impegno delle associazioni del Terzo settore merita di non essere disperso e necessita, pertanto, di essere opportunamente indirizzato verso iniziative integrative e complementari dell’intervento pubblico, allo scopo di sopperire a specifiche situazioni di disagio presenti nei singoli territori. 5. L’articolo 1, comma 7, della legge delega prevedeva che il Governo potesse adottare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e della procedura prevista per l’esercizio della delega, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti originali. 
Lo schema di decreto legislativo all’esame, inviato alle Camere, ai sensi della disposizione citata, trae origine, come specificato nella relazione illustrativa, dall’esigenza di introdurre alcune correzioni formali e sistemiche al testo originale, di coordinare il testo con norme di legge sopravvenute, dalla necessità di superare il contrasto con le Regioni Lombardia e Veneto (che hanno instaurato giudizi di legittimità costituzionale, relativamente ad alcune disposizioni), dalla valutazione positiva di proposte formulate dagli stakeholder di riferimento. Si tratta, in alcuni casi, di modifiche, correzioni e integrazioni assolutamente marginali, volte ad assicurare una maggiore coerenza interna ed una maggiore leggibilità del testo. In altri casi si tratta di un’estensione di benefici e norme di favore nei confronti di soggetti originariamente non presi in considerazione. 
Passando all’esame delle più rilevanti proposte di modifica al testo del Codice del Terzo settore, contenute nello schema di d.lgs. all’esame, la Corte osserva quanto segue: 
- l’art. 2 introduce nell’art. 4 del Codice la precisazione che gli enti appartenenti al Terzo settore sono solo quelli che esercitano “in via esclusiva o principale” una o più attività di interesse generale. Si tratta di una modifica volta, secondo la relazione illustrativa, a rendere coerente il contenuto del citato articolo con quello del successivo articolo 5.  
L’articolo 3 aggiunge all’elenco delle attività di interesse generale esercitabili dagli Enti del Terzo Settore, indicate all’articolo 5 del Codice, anche la tutela degli animali e prevenzione del randagismo. Le associazioni animaliste, del resto, sono già attivamente inserite nel Terzo settore, costituendone una componente particolare. Si tratta, secondo i dati del censimento Istat del 2011, di 8.000 organismi, che operano in un settore non adeguatamente presidiato dai Comuni. 
L’articolo 4 è finalizzato alla correzione di alcuni errori materiali, sostituendo, all’interno dell’articolo 13 del Codice, il termine “rendiconto finanziario” con quella di “rendiconto gestionale”, nell’ambito delle scritture contabili obbligatorie. 
L’articolo 5, di modifica all’articolo 14 del Codice, prevede semplificazioni procedurali, relativamente agli obblighi di trasparenza per gli enti che presentano ricavi, proventi o entrate comunque denominate non superiori a 220.000 euro annui. Considerata la semplicità delle attività previste dal citato articolo, consistenti nella pubblicazione nel sito internet istituzionale di ciascun ente degli emolumenti corrisposti agli amministratori, ai dirigenti e agli associati, l’elevazione del limite per l’esenzione dai predetti adempimenti non appare del tutto congrua. 
L’articolo 8 contiene un’importante precisazione, volta ad evitare che la prevista iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore e la cancellazione dai precedenti registri, comporti la perdita della personalità giuridica. 
Gli articoli 11 e 13 prevedono, rispettivamente, per le organizzazioni di volontariato e per le associazioni di promozione sociale la possibilità di integrare entro un anno il numero degli associati, qualora inferiore al minimo previsto dalla legge, allo scopo di evitare l’immediata cancellazione dal Registro. 
L’articolo 15 eleva di complessive quattro unità i componenti del Consiglio del Terzo settore (istituito dall’articolo 58 del Codice), al fine di assicurare adeguata rappresentanza anche alle reti associative. Il successivo articolo 16 estende alla definizione dei modelli di bilancio degli Enti del Terzo Settore la funzione consultiva del predetto Consiglio nazionale. 
Gli articoli 18 e 19 sono finalizzati a depotenziare il contenzioso in essere con alcune Regioni che hanno instaurato giudizi di legittimità costituzionale. In particolare, nella definizione degli Organismi territoriali di controllo (OTC) sui centri di volontariato, viene previsto un ulteriore ambito per il Veneto, in precedenza accorpato con il Friuli Venezia Giulia, in considerazione dell’elevato numero di associazioni di volontariato presenti nella predetta Regione. 
L’atto annuale di indirizzo del Ministero del lavoro per il finanziamento dei progetti di interesse degli enti del Terzo settore viene ora preceduto dal perfezionamento dell’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, trattandosi dello svolgimento di un’attività di carattere concorrente, in ossequio al principio di leale collaborazione tra livelli di governo. 
Relativamente a tale previsione, va segnalato il mancato raggiungimento dell’intesa in sede di Conferenza Unificata. In particolare, in quella sede veniva considerato come irrinunciabile l’approvazione di un emendamento, in base al quale gli atti di indirizzo per il finanziamento dei progetti, anziché essere sottoposti alla Conferenza Stato-Regioni, avrebbero dovuto essere esaminati in sede di Conferenza Unificata, trattandosi di una materia che impinge in ambiti di competenza anche degli enti locali. Di particolare rilevanza, anche sotto il profilo degli oneri finanziari, è la norma contenuta nell’articolo 21. Tale disposizione estende anche agli enti del Terzo settore di natura commerciale (cioè alle imprese sociali) l’accesso al credito agevolato bancario, basato sull’emissione di specifiche obbligazioni e di altri titoli di debito (titoli di solidarietà) da parte degli istituti di credito (articolo 77 del Codice). Considerati i soggetti destinatari, la citata norma avrebbe meglio potuto essere collocata all’interno dello specifico decreto legislativo correttivo, concernente la disciplina dell’impresa sociale, già inviato alle Camere per il previsto parere. La decisione di estendere l’accesso al credito agevolato anche ad enti che svolgono prevalentemente attività commerciali, secondo la definizione data dall’articolo 79, comma 5 del d.lgs. n. 117 del 2017 (prevalenza dei proventi delle attività svolte in forma di impresa in modo non conforme ai criteri previsti nei commi 2 e 3 del medesimo articolo, rispetto a quelle derivanti da attività non commerciali) sembra alterare l’originaria simmetria del complessivo disegno normativo di riforma, attuato attraverso l’emanazione di due distinti decreti, aventi per oggetto, rispettivamente, gli enti di natura non commerciale appartenenti al Terzo settore e le imprese sociali, comprese le cooperative sociali. Si tratta, inoltre, di una previsione che potrebbe turbare il regime di libera concorrenza nello specifico mercato. 
La relazione illustrativa, al fine di giustificare l’estensione, precisa che si tratterebbe di una forma di finanziamento implicante la completa restituzione del capitale e dei previsti interessi e, quindi, di un istituto che per sua natura può essere applicato anche ad enti commerciali. 
Si tratta, in realtà, di una forma di finanziamento agevolato, in quanto la provvista da parte delle banche avviene sulla base di emissione di titoli che godono di particolari agevolazioni fiscali e, quindi, più appetibili da parte dei sottoscrittori. Sotto tale profilo, appare quantomeno opportuno attivare la procedura prevista dall’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che prevede la richiesta di autorizzazione alla Commissione europea. Si tratta, del resto di una procedura già utilizzata con riferimento ad alcuni articoli del testo originario del d.lgs. n. 117 del 2017 (art. 101, comma 10). L’estensione del beneficio determina effetti negativi in termini finanziari, connessi con la previsione di un’aliquota fiscale del 12,5 per cento, anziché del 26, sui titoli emessi dalle banche e l’esenzione dall’imposta di bollo. La norma originaria prevedeva un importo annuo di titoli di solidarietà da collocare sul mercato pari a 240 milioni di euro, con un onere stimato in circa 1 milione nel 2018 e di 3 a decorrere dal 2019. Gli enti del Terzo settore di carattere commerciale sono circa il 5 per cento rispetto a quelli non profit. Prudentemente la relazione tecnica quadruplica tale percentuale, considerando la maggiore propensione di nuove enti ad avvalersi di tale forme di finanziamento. La disposizione all’esame, pertanto, determina nuovi oneri pari a 0,16 milioni nel 2018, 0,34 nel 2019 e 0,5 a regime. La quantificazione operata è, peraltro, puramente indicativa, considerato che il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, con il quale avrebbero dovuto essere stabilite le modalità attuative del credito agevolato, non è stato emanato. Tali modalità attuative sono ora riportate all’interno del testo normativo, con conseguente abrogazione della previsione di ulteriori atti di normazione secondaria. Ulteriori oneri derivano dalla disposizione contenuta nell’articolo 23, di modifica dell’articolo 79 del Codice, che, a fini fiscali, introduce una presunzione in base alla quale non è considerata commerciale l’attività i cui ricavi non superino, di oltre il 10 per cento, i relativi costi. La relazione tecnica stima, senza esplicitare gli elementi alla base del calcolo, che la modifica normativa possa generare oneri aggiuntivi pari al 5 per cento di quelli già evidenziati nella relazione tecnica alla norma originaria. Gli effetti finanziari negativi, derivanti dalla disposizione citata, sono, pertanto quantificati in 2,5 milioni per il 2021 e in 1,4 a decorrere dall’anno successivo e a regime. Quanto sopra, considerando  che il nuovo regime fiscale per gli Enti del Terzo Settore, così come esplicitato nella relazione tecnica al d.lgs. n. 117 del 2017, per i primi 2 anni (2018 e 2019), non troverà applicazione nelle more dell’iter previsto per la concessione dell’autorizzazione della Commissione europea di cui all’art. 101, comma 10. Considerato il divieto di introdurre con i decreti correttivi nuovi o maggiori oneri per l’erario, la copertura delle citate disposizioni viene individuata attraverso una riduzione di autorizzazioni di spesa, già previste all’interno del Codice del Terzo settore. Si tratta, in particolare, della riduzione del Fondo per il servizio civile universale e, limitatamente a 3 milioni di euro relativi al 2021, del Fondo per il finanziamento delle iniziative e dei progetti promossi dalle organizzazioni di volontariato. Non determina ulteriori oneri la disposizione contenuta nell’articolo 30, che modifica l’articolo 89 del Codice del Terzo settore, ai soli fini di assicurare il necessario coordinamento normativo, con particolare riguardo alla disciplina dell’imposta sul valore aggiunto applicabile alle cooperative sociali. 7. Al di là delle disposizioni contenute nel citato decreto correttivo, la Corte sottolinea l’importanza e la delicatezza della materia, per la rilevanza non solo finanziaria dell’attività svolta dai diversi Enti del Terzo Settore. Va, pertanto, assicurato un costante monitoraggio sull’attività svolta dai diversi soggetti e sull’effettiva permanenza dei requisiti per l’accesso alla categoria che comporta l’attribuzione di benefici di rilevante impatto finanziario. Particolarmente delicata appare, come detto, l’estensione della normativa di favore a soggetti che, pur operando nelle materie individuate dall’articolo 5, agiscono sotto forma di imprese commerciali anche per motivi di lucro individuale. Appare soprattutto necessario un recupero di progettualità, allo scopo di garantire che l’attività svolta dagli enti sia effettivamente inserita all’interno di un complessivo disegno di Welfare e non si traduca in iniziative autoreferenziali, volte esclusivamente a giustificare la presenza dei soggetti beneficiari. L’introduzione del Reddito di inclusione (REI), la cui copertura è assicurata dalla concentrazione di risorse in precedenza destinate al finanziamento di altre tipologie di interventi, delinea lo spazio in cui può e deve inserirsi l’attività di volontariato. Corte dei conti Audizioni 2018 11 Accanto ad una misura unica, tendenzialmente universale, di contrasto alla povertà e alla deprivazione, considerata quale livello essenziale delle prestazioni da erogare in modo omogeneo, va costruito un secondo pilastro dell’assistenza, rappresentato da interventi in favore di specifiche situazioni di disagio e di esclusione sociale, da condurre, sulla base dei principi di sussidiarietà e solidarietà, in sinergia con l’opera degli Enti del Terzo Settore. Sotto il profilo finanziario, appare indispensabile l’attivazione di una costante e puntuale verifica degli effetti delle diverse misure, per accertare la consistenza del tiraggio dei vari istituti ed i relativi costi, anche per favorire l’auspicato riordino complessivo della fiscalità di vantaggio.

Nessun commento:

Posta un commento