Dopo un lungo percorso tra Camera dei deputati e Senato, iniziato il 22 giugno 1966, finalmente il 3 gennaio 1968 in seconda lettura la camera approvò la legge di riforma ospedaliera.
Una legge fortemente voluta dai socialisti in occasione della loro entrata al governo per dare finalmente attuazione all'art. 32 della Costituzione.
La proposta aveva una forte carica innovativa come si legge nella relazione dell'On.le Mariotti, all'epoca Ministro della sanità (così si chiamava all'epoca il Ministero nato da pochi anni da una costola del Ministero dell'Interno).
Molti erano stati gli scogli che con molta pazienza erano stai superati per giungere all'approvazione della legge per superare le difficoltà legate al trasferimento dei beni, delle proprietà del personale ecc.
Sin da subito molti medici e operatori si appassionarono alla riforma e con grande motivazione iniziarono a portare aria nuova nei vecchi nosocomi ancora organizzati secondo rigide norme che per lo più risalivano agli anni trenta.
Nuovi amministratori lanciarono innovazioni a favore dei pazienti e dei loro cari abolendo ad esempio i rigidi orari di apertura al pubblico e introducendo invece degli orari in cui era proibito l'ingresso; altri si cimentarono in miglioramenti nell'accoglienza verso i parenti e per informarli sullo stato dei malati; altri introdussero la vendita di giornali, altri ancora cercarono di migliorare il confort alberghiero riducendo i posti letto per camerata e realizzando nuovi servizi igienici più funzionali...ecc.
C'era molta voglia di fare.
Quando vado in qualche ospedale mi sembra come se le vecchie direzioni sanitarie avessero ripreso in mano le cose con una sorta di controriforma.
Non si vedono più giornali, né parrucchiere o barbieri. gli orari sono tornati rigidi.
Forse sarebbe il caso di ritornare su propri passi e le direzioni sanitarie dovrebbero provare ad essere riformiste e ad umanizzare gli ospedali ma non a chiacchiere con progetti che servono a distribuire soldi per cose non fatte o fatte male, ma con fatti veri, tangibili da parte dei pazienti e delle loro famiglie.
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