Com'è noto il famoso decreto interministeriale 70/2015 ha rivisto per l'ennesima volta in diminuzione gli standard ospedalieri.
Nonostante siano passati cinquanta anni dall'entrata in vigore della riforma ospedaliera permangono profonde diversità tra il rapporto posti letto popolazione tra nord e sud, inoltre, almeno nel lazio ci sono Aziende sanitarie locali ha hanno avuto una assegnazione di posti letto addirittura inferiore allo standard.
A ciò si aggiunga che nel decreto vengono affrontati alcuni aspetti che con gli standard ospedalieri non c'entrano nulla.
Qui si vede la mano degli amici dirigenti del Ministero del Tesoro, sempre attenti alle spese degli altri, che abilmente hanno pensato bene di ridurre il costo dell'assistenza ospedaliera semplicemente trasferendo la spesa dei Punti di Primo Intervento all'assistenza territoriale.
Sì, perché questo è l'unico significato che si può dare alla norma che prevede appunto questo passaggio. Ridurre i costi dell'assistenza ospedaliera.
Se è questo il problema forse la norma andava scritta meglio.
Purtroppo viviamo in tempi in cui c'è un notevole scadimento dei testi normativi...altro che il "Manuale di stile" di Cassese. Certe volte non ci si capisce proprio nulla.
Il problema che è nato dalla norma in questione si è sommato all'esigenza della Regione Lazio si chiudere, urgentemente, entro il 31 dicembre 2018 il Piano di rientro dal disavanzo della spesa sanitaria ereditato addirittura da Storace.
Così con una eccessiva sollecitudine, senza una programmazione fatta sulla base di dati, specialmente per quanto riguarda quelli dei costi, né della rilevanza dei servizi che si andava a chiudere si è deciso che entro il 31 dicembre di quest'anno dovessero essere trasformati tutti i Punti di Primo Intervento.
La salute delle persone avrebbe diritto ad una maggior rispetto e all'applicazione del principio della precauzione tanto caro alla UE.
Ma è stato fatta una analisi di quanto costa un PPI e del valore in termini di remunerazione che produce ogni struttura del genere ?
Purtroppo il personale dei PPI è ridotto ai minimi termini: per ogni turno c'è un medico ed un infermiere. Il personale medico è a tempo determinato e viene pagato con il contratto della guardia medica con turni massacranti anche di 24 ore.
Il calcolo delle ore mensili è presto fatto: 24x30= 720
Calcolando il costo di ogni unità per € 30 l'ora abbiamo un costo mensile del servizio di 21.600 c.a. pari a circa 260.000,00 euro l'anno.
Per il personale infermieristico che viene pagato in base al CCNL del comparto sanità si può calcolare la presenza di 6 unità per coprire il turno h24 con un costo annuo compresi gli oneri a carico del datore di lavoro di circa 270.000,00 euro.
Ai costi del personale si devono aggiungere quelli per i medicinali e i dispositivi medici; pur non disponendo dei dati della contabilità analitica (che non risulta essere stata attivata in molte aziende) si dovrebbe arrivare complessivamente a 800.000,00 euro annui.
Volendo utilizzare il sistema di remunerazione approvato dalla regione per le prestazioni delle strutture accreditate molto probabilmente un PPI che eroga 10.000 prestazioni annue (tra codici bianchi, verdi, gialli e talora anche rossi) dovrebbe arrivare a fatturare ben oltre €1.000.000,00.
Ma che succederebbe se una volta chiuso un PPI pubblico i pazienti si rivolgessero al più vicino pronto soccorso privato ? Quanti soldi in più andrebbe a pagare la nostra Azienda ?
Qualcuno si è posto questa domanda ?
Chi sarebbe deputato a fare i controlli sulla struttura privata? E come verrebbero fatti? A posteriori?
Se il problema è solo quello di trasferire la spesa da un capitolo all'altro, che si faccia, senza mettere a rischio la vita delle persone come già avvenuto a Frosinone, dove è dovuto intervenire il Prefetto.
Il 15 settembre l'assessore per la sanità della regione ha annunciato che sarebbe stata disposta la proroga di un anno, ma ancora non è stato pubblicato alcun decreto per modificare quello precedente e sono trascorsi già quindici giorni.
Allora dato che c'è tempo forse si può pensare ad una soluzione diversa da quella prospettata in precedenza e che forse avrebbe richiesto una maggiore prudenza.
Secondo me, in attesa di organizzare finalmente il sistema di emergenza urgenza come si dovrebbe, sarebbe sufficiente organizzare diversamente il servizio dei PPI trasferendolo (così come è, senza toccare nulla) al servizio di assistenza territoriale di competenza, ma stabilire comunque che il Dipartimento di Emergenza e Accettazione di riferimento provveda ancora a mantenere il coordinamento dal punto di vista professionale anche dei PPI del territorio.
Il 15 settembre l'assessore per la sanità della regione ha annunciato che sarebbe stata disposta la proroga di un anno, ma ancora non è stato pubblicato alcun decreto per modificare quello precedente e sono trascorsi già quindici giorni.
Allora dato che c'è tempo forse si può pensare ad una soluzione diversa da quella prospettata in precedenza e che forse avrebbe richiesto una maggiore prudenza.
Secondo me, in attesa di organizzare finalmente il sistema di emergenza urgenza come si dovrebbe, sarebbe sufficiente organizzare diversamente il servizio dei PPI trasferendolo (così come è, senza toccare nulla) al servizio di assistenza territoriale di competenza, ma stabilire comunque che il Dipartimento di Emergenza e Accettazione di riferimento provveda ancora a mantenere il coordinamento dal punto di vista professionale anche dei PPI del territorio.