lunedì 20 giugno 2016

LA CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME HA ESAMINATO IL PROBLEMA DELLA PESCA DI FRODO IN ACQUE DOLCI

Pesca con corrente elettrica
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome,  ha avviato una ricognizione in merito alla complessa problematica relativa alla pesca di frodo in acque dolci in Italia. 
Si tratta di ampie aree del territorio italiano attraversate da fiumi e bagnati da laghi e le Regioni interessate, Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto della zona del Pò, passando per la Toscana e il Lazio (Roma sul Tevere) fino a raggiungere le Regioni del meridione come la Basilicata e la Calabria, hanno posto con determinazione la necessità che si vada con urgenza a definire misure di intervento per combattere un fenomeno che sta devastando non solo quella parte dell’economia segnata dalla pesca in queste acque ma anche l’intero sistema della biodiversità degli stessi territori.
La pesca di frodo in forte espansione negli ultimi anni, rappresenta un concreto rischio per l’ecosistema ittico e una grave minaccia per la salute ambientale delle acque interne del nostro Paese e non solo.
Si tratta di un gravissimo danno ambientale a causa dei metodi di pesca invasivi (correnti elettriche ecc.) ma anche economico perché i fiumi si stanno impoverendo sempre di più e la pesca sportiva – un mercato sette volte più grande della pesca commerciale – rischia di scomparire.
Occorre arginare questo fenomeno, anche per tutelare la salute dei consumatori, poiché è stato appurato che il pesce catturato di frodo nelle acque interne sovente finisce sul mercato senza alcun controllo sanitario, è urgente e non è più rinviabile.
I bracconieri, organizzati in vere e proprie squadre, stanno depredando le acque dei nostri fiumi, dei nostri laghi e violando anche aree protette e parchi nazionali.
Si stima che mediamente ogni gruppo sia in grado di smerciare due carichi a settimana da 20 quintali ciascuno di pescato. Il numero di denunce che vengono presentate alle Regioni dagli organi preposti al contrasto di tale attività è fortemente aumentato negli ultimi anni. 
Un recente studio dell’ARCI Pesca sulle acque pubbliche della provincia di Roma ha così classificato le violazioni alle leggi sulla pesca e i metodi illegali utilizzati:
1) mancanza di licenza o con licenza scaduta;
2) pesca in orario notturno;
3) utilizzo degli attrezzi superiori al consentito o attrezzi vietati;
4) pesca di specie ittiche in quantità superiore e spesso di taglia inferiore al consentito;
5) uso di esche vietate;
6) utilizzo dei metodi di pesca non consentiti o consentiti soltanto ai pescatori di professionale: a strappo, con la mezzangola, con reti da circuizione, con tramaglio.
Di fronte a tali tipi di reato ed alla loro pericolosità è necessario costruire un sistema di controlli e di repressione efficaci e capillari con un sostegno legislativo che riconsideri e riveda le pene, introducendo eventualmente anche sanzioni di natura penale, in quanto sembrerebbe che si siano rilevate inefficaci le sanzioni pecuniarie vigenti, prevedendo anche una banca dati nazionale, costantemente aggiornata, allo scopo di definire puntualmente il problema e di monitorarne l’andamento nel tempo.
Le Regioni suggeriscono che bisognerebbe integrare le sanzioni già previste, con alcune misure più incisive quali il sequestro di attrezzature, macchine ed imbarcazioni dei bracconieri e schierare una forza di controllo che affianchi le Associazioni di volontari in quanto è dimostrato che queste bande di bracconieri siano particolarmente violente e pericolose. Particolare attenzione deve essere posta anche all’aspetto sanzionatorio, poiché molto spesso le guardie preposte al controllo emettono multe che nella maggior parte dei casi non vengono pagate, con un aggravio economico per le Amministrazioni regionali e provinciali.
Pene più severe dovrebbero essere previste dove le specie pescate, sono in via di estinzione o in forte sofferenza, in quanto le Amministrazioni pubbliche sono tenute a predisporre piani per contrastare l’estinzione di tali specie mediante investimenti che finirebbero per non avere alcun effetto per la salvaguardia di tali specie.
E' necessario che si vadano a definire interventi urgenti tendenti a migliorare gli strumenti legislativi con lo scopo di bloccare e reprimere questo fenomeno illegale, che più volte abbiamo giustamente definito criminoso.
E’ del tutto evidente che un impegno sinergico, nella lotta alla pesca di frodo, della pubblica amministrazione e delle forze dell'ordine, unitamente ai volontari, motivati dalla passione per la natura, per la salvaguardia del patrimonio naturalistico e la disciplina della pesca sportiva, non può che portare risultati importanti nella repressione di questi reati.
Il testo completo lo trovate qui:

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