Già in occasione dell'approvazione della legge 56/2014 abbiamo assistito ad un comportamento evolutivo della maggioranza che ha ritenuto di ipotizzare e avviare la soppressione delle amministrazioni provinciali quando queste erano ancora saldamente previste dal titolo V della Costituzione.
Ora dall'esame della vicenda della riforma della pubblica amministrazione e grazie alla recente sentenza n. 215/2016 abbiamo potuto verificare un altro momento di interpretazione innovativa della Costituzione che ha portato a stravolgere il contenuto stesso dei rapporti della legislazione concorrente tra Stato e Regioni voluta dalla legge costituzionale n. 3/2001 e che prevede su determinate materie l'intesa tra Stato e regioni.
Ma questa tecnica strisciante di modifiche sottile dei contenuti delle norme è stata estesa anche a livelli più bassi per quanto riguarda ad esempio alcuni rapporti con le forze sociali.
Bene ha fatto la Corte Costituzionale a richiamare il Governo su questo punto, ma forse ci avrebbe dovuto pensare qualcun altro, prima di arrivare a questo punto.
La pubblica amministrazione è una organizzazione delicata, che deve senza dubbio essere aggiornata al più presto ma, proprio per raggiungere questo obiettivi occorre rispettare le norme oggi vigenti , non quelle che sono ancora nel limbo rosato di qualche ministro.
Oramai il pasticcio purtroppo è fatto e rischiano di saltare importanti provvedimenti tra i quali tutto il corpo della dirigenza pubblica per non parlare dei procedimenti, dei servizi pubblici, delle società partecipate; questioni su cui si è forse voluto accelerare troppo i tempi senza fare attenzione appunto agli aspetti procedurali che spesso non sono solo inutili formalismi.
Con la proposta di riforma costituzionale sottoposta a referendum il 4 dicembre prossimo si vuole sopprimere la legislazione concorrente le cui procedure sono tanto sofferte da questo Governo, ma rispettata e apprezzata da tutti quelli che l'hanno preceduto che si sono avvalsi dell'esperienza e del contributo spesso prezioso delle regioni nella costruzione di norme più rispettose delle problematiche locali. Potrebbe darsi che questo non sia un bene e questa sentenza cerca di farlo comprendere.
La responsabilità di questa situazione è della maggioranza ma anche di certe opposizioni che non hanno saputo o voluto contrastare adeguatamente questa tendenza.
I cittadini in tutte queste vicende si sentono emarginati non potendo partecipare ma dovendo subire già ora quelli che saranno i risultati di questa riforma abortita con le province private di fondi e che da tempo non sono più in grado di assicurare certi servizi, i nuovi enti di area vasta che dovrebbero partire se vince il Sì al referendum, ma che devono essere ancora costruiti da zero, ecc...
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