Nella seduta tenutasi ieri 3 novembre la Conferenza delle
Regioni ha espresso un parere favorevole sul decreto legislativo sulla
dirigenza della Repubblica. Il “via libera” è però condizionato all'accoglimento
di osservazioni ed emendamenti contenuti in un documento che è stato consegnato al
governo nel corso della Conferenza Unificata del 3 novembre. In particolare la
Conferenza delle Regioni ricorda che “l’articolo 123 della Costituzione prevede
che lo Statuto delle Regioni a Statuto ordinario definisca “la forma di governo
e i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento” e che essa sia
soggetta al solo limite dell’“armonia con la Costituzione”. Non solo,
occorre anche “garantire il rispetto dell’articolo 114, comma 2, della
Costituzione, riconoscendo la necessaria autonomia alle Regioni ed agli Enti
Locali” e per questo “è indispensabile per garantirne il corretto funzionamento
in ordine al ruolo politico-istituzionale agli stessi Enti assegnato”.
Inoltre le Regioni rilevano che il decreto legislativo non prevede che il DPCM da emanare per omogeneizzare il trattamento economico fondamentale ed accessorio del ruolo dei dirigenti regionali sia adottato “previa intesa in sede di Conferenza Stato–Regioni”. I punti principali su cui si è soffermata la Conferenza sono i seguenti:
Inoltre le Regioni rilevano che il decreto legislativo non prevede che il DPCM da emanare per omogeneizzare il trattamento economico fondamentale ed accessorio del ruolo dei dirigenti regionali sia adottato “previa intesa in sede di Conferenza Stato–Regioni”. I punti principali su cui si è soffermata la Conferenza sono i seguenti:
Punto 1) O.d.g. Conferenza Unificata
Elementi di carattere generale
La Conferenza delle
Regioni e delle PPAA ha espresso il proprio assenso ad alcune delle misure
contenute nella Legge n. 124/2015, ma per quanto riguarda, in
particolare, la Riforma della dirigenza, ad esclusione della Regione Veneto che
ha promosso ricorso per illegittimità costituzionale della legge delega, piena
condivisione avevano trovato gli obiettivi di revisione dei sistemi di
reclutamento, formazione e valutazione, del conferimento degli incarichi, della
mobilità e di migliore definizione delle responsabilità e dei relativi
trattamenti economici; ciò in ottica di un sempre maggiore riconoscimento del
merito, delle capacità professionali e dei risultati effettivamente conseguiti
rispetto agli obiettivi assegnati da parte dei dirigenti. Inoltre erano state
valutate positivamente le finalità perseguite dal decreto nel senso di
chiarire, ancora meglio rispetto all'ordinamento attuale, il rapporto fra
politica e dirigenza e gli aspetti legati alla prevenzione della corruzione.
La lettura del testo di
decreto deliberato dal CdM il 25/8/2016, sembra invece privilegiare altre
finalità, non sempre coerenti, e talora contrastanti, con quelle positivamente
condivise. Emergono infatti nelle disposizioni approvate un insieme di elementi
che destano perplessità:
- forte attenzione alla
omogeneità delle procedure e dei trattamenti, spesso a discapito della
funzionalità e talora sfociante in un neo-centralismo burocratico in contrasto
con i principi di autonomia organizzativa delle amministrazioni regionali e
locali espressi dal quadro costituzionale, anche nelle linee di sviluppo espresse
dalla riforma recentemente approvata;
- sistema di
reclutamento eccessivamente articolato e conseguentemente inidoneo a
riscontrare in tempi accettabili i fabbisogni di una moderna PA;
- previsione di
procedure di conferimento degli incarichi dirigenziali particolarmente attente
a garantire la ridistribuzione di tutti gli attuali dirigenti in servizio,
piuttosto che a privilegiare l’esigenza delle diverse PA di incaricare i
dirigenti più meritevoli e più adatti al perseguimento degli obiettivi di governo
o organizzazione delle strutture pubbliche;
- criteri di
composizione e organizzazione dei diversi organismi previsti dalla riforma
(Commissioni per la dirigenza pubblica, SNA, …) di impronta fortemente
statalista, che tenderanno inevitabilmente a ricondurre la nuova figura del
dirigente della Repubblica verso la dirigenza statale, eludendo l’obiettivo di
rispondere alle differenziate esigenze professionali della PA italiana nelle
sue diverse espressioni (statale, regionale, locale e settoriale);
- non chiara definizione
degli effetti che si produrranno a carico degli enti a seguito della decisione
di non confermare nell'incarico i dirigenti, con particolare riferimento alla
copertura delle retribuzioni dei dirigenti privi di incarico;
- diffusa introduzione
in norme sostanziali di richiami a vincoli di carattere economico-finanziario,
per loro natura mutevoli nel tempo, ed in quanto tali più propriamente da
rinviare alle leggi di stabilità o a norme della medesima natura.
Il Consiglio di Stato,
nel parere al provvedimento, ha confermato e ribadito le principali
osservazioni poste di seguito, a partire dalla necessaria previsione
dell’intesa forte sui punti centrali di applicazione di questa disciplina per
le Regioni.
Le successive osservazioni e proposte emendative vogliono quindi
rappresentare la condizione per una revisione del testo del decreto nel senso
di una più coerente adesione alle finalità della legge delega, segnalando,
peraltro, in quali parti il decreto stesso pare contrastare con le norme costituzionali
a tutela dell’autonomia organizzativa delle regioni e risulta viziato da
eccesso di delega rispetto ai criteri direttivi fissati dalla legge n. 124/2015. Una disposizione
specifica dovrà, inoltre, riguardare il raccordo con le prerogative delle
autonomie speciali, anche con riferimento alla dirigenza degli enti locali il
cui ordinamento ricade nelle competenze delle medesime.
Si ritiene, infine,
opportuno definire una fase di graduale
transizione al nuovo ordinamento con particolare riferimento al sistema
di conferimento degli incarichi dirigenziali al fine di evitare il sovrapporsi
di norme e l’incertezza delle procedure.
Osservazioni di compatibilità costituzionale dello schema di decreto
legislativo
Lo schema di
provvedimento, in più parti, presenta numerosi rilievi di carattere
costituzionale in relazione alle competenze riconosciute alle regioni in
materia organizzazione e regolazione degli uffici nonché all'autonomia
politico-amministrativa delle scelte nella disciplina dell’organizzazione della
dirigenza, che rientra pienamente nella materia “ordinamento e organizzazione
amministrativa regionale” di competenza residuale ai sensi dell’articolo 117
quarto comma della Costituzione, come già affermato dalla Corte costituzionale
(sentenza 149/2012).
Inoltre, va rilevato il
fatto che il testo dello schema proposto impedisce agli organi politici e in
particolare al Presidente della Regione di esercitare la sua legittima
competenza attraverso il programma politico, in quanto ogni programma richiede la
collaborazione attuativa della dirigenza, che le proposte normative in
discussione mettono integralmente nelle mani di organismi statali.
Questa riforma, come
elaborata potrebbe quindi riflettersi sugli assetti e sulle potestà di enti
costituzionalmente garantiti.
L’articolo 123 della
Costituzione prevede che lo Statuto delle Regioni a Statuto ordinario definisca
“la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e di
funzionamento” e che essa sia soggetta al solo limite dell’ “armonia con
la Costituzione”.
Garantire il rispetto
dell’articolo 114, comma 2, della Costituzione, riconoscendo la necessaria
autonomia alle Regioni ed agli Enti Locali è indispensabile per garantirne il
corretto funzionamento in ordine al ruolo politico – istituzionale agli stessi
Enti assegnato. Escludere o limitare eccessivamente gli Enti dotati di
autonomia organizzativa, legislativa, statutaria e regolamentare dai processi
di individuazione della Dirigenza chiamata a garantire il funzionamento degli
Enti stessi, produce l’ovvia conseguenza dell’impossibilità di funzionare
secondo gli ordinari canoni della democrazia e della connessa responsabilità
politico amministrativa, similmente a quanto avverrebbe se non venisse
riconosciuta la medesima autonomia alle Autorità Indipendenti.
Il parere integrale lo trovate qui:
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