lunedì 7 novembre 2016

IL PARERE DELL'UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO SULLA PROPOSTA DI BILANCIO DI PREVISIONE PER IL 2017 PRESENTATA DAL GOVERNO ALLE CAMERE

Il Presidente dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio Giuseppe Pisauro è stato ascoltato oggi in  dalle Commissioni bilancio di Camera e Senato nell’ambito dell’esame preliminare della manovra economica per il triennio 2017-2019.
Nel suo intervento il presidente Pisauro ha svolto un’approfondita analisi del contenuto della manovra, illustrando le valutazioni dell’UPB sugli interventi in essa contenuti e sulla coerenza degli obiettivi di finanza pubblica alle regole di bilancio.
Le informazioni congiunturali più recenti indicano, per il 2016, il proseguimento della ripresa su ritmi irregolari, ma nel complesso modesti (+0,2% nel terzo trimestre e +0,1% nel quarto, secondo le stime UPB). La chiusura in frenata del 2016 darebbe luogo a un trascinamento congiunturale sul prossimo anno solo lievemente positivo (0,2 per cento): il raggiungimento dell’obiettivo di crescita dell’1% nel 2017 richiederebbe quindi un profilo di ripresa trimestrale mediamente più intenso (e più continuo) rispetto a quello sperimentato nel 2016. Sulle prospettive per il prossimo anno pesano inoltre fattori di rischio soprattutto di origine internazionale, in primo luogo l’incertezza sulla dinamica del commercio mondiale.
Nel DPB il Governo ha rivisto il quadro programmatico di finanza pubblica della NADEF innalzando il disavanzo 2017 dal 2 al 2,3 per cento del PIL, tre quarti del margine aggiuntivo richiesto nella Relazione allegata alla Nota e autorizzato dal Parlamento.
La legge di bilancio e il decreto fiscale si caratterizzano per la presenza di alcuni interventi di ampia portata (in particolare a sostegno degli investimenti privati) e molte misure frammentarie destinate a finalità diverse difficilmente riferibili a un disegno organico di politica economica. Rispetto all’andamento tendenziale della finanza pubblica, le misure contenute nei due provvedimenti producono un maggiore indebitamento per 0,7 punti di prodotto nel 2017, 0,4 punti nel 2018 e 0,2 punti nel 2019.
Per il 2017, tuttavia, l’intervento di gran lunga preponderante risulta essere la disattivazione delle clausole di salvaguardia (aumento delle aliquote IVA e delle accise) che vale lo 0,9 per cento del prodotto , cioè 15,4 miliardi. Nel loro insieme, le altre misure hanno un effetto restrittivo, implicando una riduzione dell’indebitamento valutata in 0,2 punti di PIL.
Il quadro dei due anni successivi risente del mantenimento della disposizione di aumento delle aliquote IVA, nel 2018, e dalla previsione di un ulteriore aumento di 0,9 punti dell’aliquota base, nel 2019. Nell’insieme, queste misure dovrebbero dare un gettito di 19,6 miliardi nel 2018 e di 23,3 miliardi nel 2019, corrispondenti rispettivamente al 1,1 e all’1,3 per cento del PIL.
Nel complesso, l’effetto sull’equilibrio dei conti non è privo di rischi. Non tanto per l’incremento delle spese in conto capitale in disavanzo, dato il carattere non permanente di queste spese e gli effetti che esse potranno avere sulla crescita economica, quanto per l’assunzione di impegni permanenti dal lato delle spese correnti (in particolare per le pensioni e il pubblico impiego) compensati solo in parte da entrate permanenti e certe. In particolare, il mantenimento della clausola di aumento dell’IVA e, anzi, il suo rafforzamento nel 2019 con la finalità di garantire la tenuta dei conti rendono difficile identificare gli obiettivi della programmazione di bilancio di medio termine. Per il secondo anno consecutivo, l’intervento più rilevante della manovra di finanza pubblica è l’annullamento dell’aumento delle aliquote IVA per l’anno successivo. Nell’ipotesi vi sia l’intenzione di disattivare la clausola anche negli anni seguenti, lo stesso scenario sembra destinato a riproporsi nei futuri progetti di bilancio.
Per quest’ultimo aspetto, vi sono alcune difficoltà nel collocare un piano straordinario di prevenzione in un quadro di eccezionalità ai fini delle regole europee. Lo spazio richiesto (0,2 punti percentuali di PIL) non comprende solo nuove risorse, ma anche l’impatto sui conti di misure adottate negli scorsi esercizi (già presenti nel bilancio a legislazione vigente) legate a più generali finalità di ristrutturazione del patrimonio immobiliare e all’efficienza energetica. Inoltre, la richiesta di esclusione per il solo 2017 non sembrerebbe coerente con la dimensione necessariamente pluriennale di un eventuale piano di prevenzione sismica.
Quanto alla dinamica del rapporto debito/PIL si allarga il divario tra il livello programmato dal Governo e il valore obiettivo per il rispetto della regola numerica (1,8 punti percentuali rispetto a un gap di 0,2 punti indicato dal DEF). Le valutazioni di sostenibilità del debito svolte da UPB suggeriscono in ogni caso che, anche con ipotesi macroeconomiche meno favorevoli, gli obiettivi di finanza pubblica del DPB dovrebbero comunque garantire, con un livello relativamente elevato di probabilità, la discesa del rapporto debito/PIL nel medio termine a condizione che anche per gli anni successivi al 2019 siano mantenuti elevati avanzi primari.
IL TESTO INTEGRALE LO TROVATE QUI:
http://www.upbilancio.it/audizione-sul-disegno-di-legge-di-bilancio-2017/

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