sabato 26 novembre 2016

SENZA INTESA CON LE REGIONI LA RIFORMA DELLA DIRIGENZA PUBBLICA, UNO DEI CAVALLI DI BATTAGLIA DEL GOVERNO SI INCAGLIA ALLA CORTE COSTITUZIONALE

Uno dei problemi che saltano agli occhi leggendo la legge 124/2015 che ieri è stata in parte dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale riguarda il fatto che di fatto contiene una lunga serie di deleghe legislative investono, in particolare, i seguenti ambiti: codice dell'amministrazione digitale; conferenza di servizi; segnalazione certificata inizio attività; trasparenza delle p.a.; Freedom of information act; diritto di accesso dei parlamentari ai dati delle p.a.; piani e responsabili anti-corruzione; white list antimafia; intercettazioni; ruolo e funzioni della Presidenza del Consiglio, organizzazione dei ministeri, agenzie governative, enti pubblici non economici, uffici di diretta collaborazione dei ministri; riorganizzazione delle funzioni e del personale delle Forze di polizia, del Corpo forestale dello Stato, dei corpi di polizia provinciale, dei Vigili del fuoco, del Corpo delle capitanerie di porto e della Marina militare; numero unico europeo 112; Pubblico registro automobilistico; prefetture-UTG; ordinamento sportivo; autorità portuali; camere di commercio; dirigenza pubblica, valutazione dei rendimenti; segretari comunali e provinciali; dirigenti sanitari; enti pubblici di ricerca; lavoro pubblico; società partecipate da pubbliche amministrazioni; servizi pubblici locali; procedimenti giurisdizionali della Corte di conti; modifica e abrogazione di disposizioni di legge che prevedono l'adozione di provvedimenti attuativi.
Una metodologia, questa avallata dal Parlamento, con cui di fatto il potere legislativo delega all'esecutivo l'approvazione di decreti legislativi delegati che peraltro dovrebbero essere contenuti entro i principi e i paletti fissati dalla legge di delega, ma che in buona sostanza sfugge poi ad un effettivo controllo.
Questa prassi oramai ampiamente diffusa viene ad aggiungersi alla lunga lista di trattati internazionali firmati dal Governo per i quali il Parlamento è costretto solamente a dare il proprio consenso.
Ma non finisce qui, perché dobbiamo aggiungere i Decreti leggi, altro strumento utilizzato dal Governo per imporre la propria volontà costringendo le Camere ad approvare entro un tempo ristretto atti già adottati ed esecutivi a pena di decadenza se non vengono approvati entro i 60 giorni.
Infine ci sono tutte le leggi e leggine spesso importanti ma talora di poco conto sulle quali il Governo pone la fiducia costringendo la maggioranza a votare compatta ed impedendo qualsivoglia dibattito.
Da ieri leggo sulla stampa divampano le discussioni sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 251/2016 pubblicata nel tardo pomeriggio che ha tra l'altro sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 1, lettere a), b), numero 2), c), numeri 1) e 2), e), f), g), h), i), l), m), n), o), p) e q), e comma 2, della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), nella parte in cui prevede che i decreti legislativi attuativi siano adottati previa acquisizione del parere reso in sede di Conferenza unificata, anziché previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Qualcuno si è lamentato per la litigiosità delle regioni e per i cavilli della burocrazia (quando non si sa che dire i politici se la prendono con gli uffici) , ma il fatto è che il testo degli articoli incriminati è una evidente forzatura fatta in maniera consapevole, trattandosi infatti di materia ampiamente nota e per la quale non era necessario comunque precisare le modalità della procedura da seguire essendo questa prevista da altra legge applicata in maniera costante dalla Conferenza Stato regioni. Quindi non si tratta di un errore (peraltro ripetuto più volte), ma di un tentativo  deliberato di alterare il rapporto paritario con le regioni sulla materia di legislazione concorrente.
Una vera e propria scivolata. Questo come se qualcuno fosse insofferente della nostra Costituzione.
Ritengo che le regioni siano dalla parte della ragione in quanto, almeno fino a che resterà in vigore questa Costituzione, che prevede la legislazione concorrente tra Stato e regioni, il Governo non può che rispettarla in quanto ogni comportamento sarebbe censurabile.
In questi ultimi anni la Conferenza Stato regioni ha consentito una crescita costruttiva dei rapporti partecipando anche al miglioramento di numerosi provvedimenti predisposti dal Governo.
Pertanto se al momento c'è qualcuno dalla parte del torto è il Governo, come giustamente ha deciso la Corte.

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