sabato 19 novembre 2016

LE RAGIONI DEL NO

La nostra Costituzione non è rigida e prevede all'art. 138 le modalità per cambiarla.
Dal 1947 ad oggi ci sono state 15 modifiche, in nessun caso si arrivati allo scontro attivato da questo governo.
Il titolo v della Costituzione tratta degli enti locali. Nel 1947 fu deciso di confermare la coessenzialità delle province e dei comuni allo stato, aggiungendo le regioni alle quali fu attribuito il potere legislativo nell’ambito delle leggi cornice fatte dallo Stato.
La riforma del 2001 ha introdotto il federalismo con la legislazione concorrente tra stato e regioni grazie alla quale le regioni hanno potuto dare un contributo molto positivo, ma ora viene cancellata.
Il nuovo art. 117 attribuisce la potestà legislativa allo stato e alle regioni ma nel rispetto della costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell’unione europea e dagli obblighi internazionali.
Una collocazione impropria dato che avrebbe dovuto essere inserita nella “formazione delle leggi” se vince il sì saremo legati mani e piedi ai vincoli della UE dato che per liberarcene dovremmo modificare la costituzione. Un obbligo che Francia e Germania non hanno.
Aumenta molto la legislazione esclusiva dello stato 
In ogni momento il governo potrà invocare la clausola di supremazia (comma 5 art. 117)
Il governo potrà sostituirsi agli organi degli enti locali nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della U.E., oltre che quando lo richiedano la tutela dell’unità giuridica od economica (art.120)
Questo mentre alle regioni a statuto speciale si concede ancora maggiore autonomia
Il sistema di controlli e contrappesi a suo tempo copiati dalla costituzione americana (cheks & balances) viene cancellato con un accentramento del potere legislativo
La ripartizione verticale di fatto è ridotta in moltissime materie, tra le quali proprio quelle che riguardano territorio e ambiente
In questo modo la decisione di collocare il deposito nazionale delle scorie nucleari a latina non potrebbe essere contrastato in alcun modo dalle istituzioni o dai cittadini.
Analoghi problemi ci saranno con la sanità in quanto si tornerà allo strapotere del ministero della salute come prima della riforma sanitaria
Le province saranno cancellate, ma al loro posto arriveranno gli enti di area vasta che dovrebbero gestire le funzioni fondamentali e i servizi pubblici per conto dei comuni quindi non ci saranno risparmi.
Le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che siano conferite a città metropolitane, regioni e stato sulla base del principio di sussidiarietà.
I comuni dovranno vedersela con il rischio delle fusioni obbligatorie e con i costi standard che assurgono a vincolo costituzionale: art. 119 comma 4°: “con legge dello stato sono definiti indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che promuovono condizioni di efficienza nell’esercizio delle medesime”.
Molti hanno scritto criticando le cose che si vuole modificare, ma non hanno considerato quelle che si sono “dimenticati” di inserire:
- il diritto delle opposizioni
- la regolamentazione delle democrazia interna dei partiti
- il divieto di cambiare partito una volta eletti
- l’eliminazione della questione di fiducia sulle leggi ordinarie
Una riforma scoordinata che avrebbe potuto e dovuto essere scritta meglio; sembra di assistere ad una sperimentazione per tentativi.
Una farsa del “trial and error”.
Il testo della riforma – ascritto ad una iniziativa del governo viene presentato come risultato raggiunto da una maggioranza (peraltro variabile e ondeggiante) prevalsa nel voto parlamentare anziché come frutto di un consenso maturato fra le forze politiche; addirittura la sua approvazione referendaria viene presentata agli elettori come decisione determinante ai fini della permanenza o meno in carica di un governo. 
La Costituzione, e così la sua riforma, sono e debbono essere patrimonio comune il più possibile condiviso, non espressione di un indirizzo di governo e risultato del prevalere contingente di alcune forze politiche su altre. La Costituzione non è una legge qualsiasi, che persegue obiettivi politici contingenti, voluti dalla maggioranza del momento, ma deve esprimere le basi comuni della convivenza civile e politica.

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