Speranza di vita senza limitazioni per gli anziani |
Giunto alla quarta edizione, il Rapporto Bes dell'ISTAT offre un quadro integrato dei principali fenomeni economici, sociali e ambientali che caratterizzano il nostro Paese, attraverso l'analisi di un ampio set di indicatori suddivisi in 12 domini.
Quest'anno il Rapporto Bes si lega a due importanti novità:
- l'inclusione degli indicatori di benessere equo e sostenibile tra gli strumenti di programmazione e valutazione della politica economica nazionale, come previsto dalla riforma della Legge di bilancio, entrata in vigore nel settembre 2016;
- l'approvazione da parte delle Nazioni Unite dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e dei 17 obiettivi (SDGs nell'acronimo inglese), con i quali vengono delineate a livello mondiale le direttrici dello sviluppo sostenibile dei prossimi anni.
Secondo l'ISTAT migliorano gli indici di benessere del nostro Paese rispetto al 2013.
Quindi migliorano gli indici su "soddisfazione per la vita, occupazione, istruzione, salute e ambiente", mentre si registra "una sostanziale stabilità" per le "condizioni economiche minime, qualità del lavoro, relazioni sociali e reddito".
Tra i dati sottolineati nel rapporto l'Italia conferma di essere uno tra i paesi più longevi d'Europa, anche se la qualità della sopravvivenza, seppure in miglioramento, resta sotto la media europea.
Nel 2015 la vita media alla nascita è scesa leggermente, da 82,6 a 82,3 anni.
Anche se aumenta la mortalità non ci sono conseguenze sulla qualità degli anni da vivere.
Se rimane stabile la speranza di vita in buona salute alla nascita (58,3 anni) migliora sensibilmente la speranza di vita priva di limitazioni nelle attivita' a 65 anni (da 9,2 del 2013 a 9,7 del 2015).
La mortalita' infantile continua a diminuire (da 30 decessi ogni 10mila nati vivi del 2012 a 29,6 del 2013), soprattutto tra i bambini di genitori stranieri.
Sempre nel rapporto BES si evidenziano anche le condizioni economiche: “Nel Mezzogiorno il reddito medio disponibile (pro-capite) delle famiglie consumatrici è il 63% di quello delle famiglie residenti nel nord ed è maggiore la disuguaglianza del reddito”.
Ancora l'Istat ha rilevato, oltre alla differenza del 37% fra i redditi di Nord e Sud dell'Italia, "forti" differenze nei livelli di benessere economico nelle differenti aree del Paese.
Nel Mezzogiorno il rischio di povertà coinvolge il 34% dei residenti, una quota tripla rispetto al nord, infatti la crescita del reddito disponibile non ha modificato la disuguaglianza che "nel 2015 presenta un valore identico a quello del 2013, il valore più alto dell'ultimo decennio".
Il livello di disuguaglianze nel reddito si conferma purtroppo sopra la media europea”.
Per quanto riguarda il rapporto tra il reddito percepito dal 20% della popolazione con i redditi più alti e il 20% con i redditi più bassi è pari nel 2015 a 5,8 in Italia, contro una media UE di 5,2.
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