venerdì 16 dicembre 2016

IL TAR DI REGGIO CALABRIA SI PRONUNCIA SULL' INTERPRETAZIONE DELL' ART. 97 DEL NUOVO CODICE DEGLI APPALTI

Una interessante sentenza de TAR di Reggio Calabria ha affrontato l'applicazione dell'art. 97 del nuovo codice degli appalti : D.lgs 50/2016 (Sentenza n. 1315/2016).
La società ricorrente ha impugnato gli atti di gara  lamentandone l’illegittimità sulla base di due motivi di diritto, appositamente e volontariamente graduati nei seguenti termini:
1. Incongruità dell’offerta dell’aggiudicataria e controinteressata. Violazione degli artt. 97 in combinato disposto con gli artt. 2e e 30 D.Lgs n. 50/2016; Violazione dell’art. 8 D.L. n. 138/2011; Violazione dell’art. 1 comma 1 D.L. 338/1989; Violazione del D.M. 21 marzo 2016 (determinazione costo medio orario del lavoro per il personale dipendente da istituti ed imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari, a decorrere dai mesi di febbraio 2013, febbraio 2014, febbraio 2015 e marzo 2016. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, manifesta contraddittorietà e irragionevolezza del giudizio di congruità. Eccesso di potere per motivazione falsa e/o apparente. Violazione del principio di par condicio competitorum e di buon andamento. Violazione degli artt. 36 e 97 della Costituzione;
2. In via subordinata, illegittimità del criterio di aggiudicazione. Violazione dell’art. 95 comma 3, lettera a) e comma 4 lettera b) D.Lgs n. 50/2016. Violazione del considerando n. 90 e dell’art. 67 nella Direttiva 2014/24/UE. Violazione falsa applicazione della L. n. 11/2016. Eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà, disparità di trattamento, irragionevolezza manifesta.
L’esponente ha infatti contestato la apparente incongruità dell’offerta della controinteressata nonché aggiudicataria  nella parte in cui quest’ultima società ha ribassato il costo del lavoro risultante dalle tabelle ufficiali del Ministero del Lavoro, giustificando lo scostamento per mezzo della stipula di un “contratto di prossimità”, asseritamente redatto in violazione della normativa di settore; ribasso esitato nella offerta vincente, che tuttavia presenterebbe evidenti profili di inattendibilità.
Secondo il Collegio l’art. 97 del d.lgs 50/2016 prevede che la Stazione Appaltante debba escludere il concorrente la cui offerta sia stata sottoposta a verifica se il concorrente non giustifica il basso livello dei prezzi e dei costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 4 ovvero se ha accertato, con le modalità di cui al primo periodo della norma, che l’offerta era normalmente bassa, in quanto: non rispetta gli obblighi di cui all’art. 30 comma 3 (lettera a art. 97) ovvero il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi nelle apposite tabelle di cui all’art. 23 comma 16 (lettera d del detto articolo).
La parte resistente ha giustificato il ribasso del costo del lavoro rispetto alle tabelle, invocando l’applicazione di un “contratto di prossimità” ai sensi dell’art. 8 D.L. 138/2011.
Secondo il Collegio  l’oggetto dell’appalto de quo non sembra avere attinenza con le attività tassativamente previste dal comma 2 dell’art. 8 D.L. n. 138/2011 convertito con modificazioni dalla legge n. 148/2011.
Il citato comma 2 invero contempla infatti l’operatività del cd. “contratto di prossimità” solo ed inderogabilmente al fine di regolare le materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento:
a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;
b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;
c) ai contratti a termine, ai contratti ad orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
d) alla disciplina dell’orario di lavoro;
e) alle modalità di disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni continuate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio, il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione od affidamento.
La conferma della tassatività dell’elenco è stata peraltro ribadita dalla sentenza n. 221 della Corte Costituzionale resa il 4 ottobre 2012, citata pure da parte istante, ed intervenuta a dirimere una vertenza in ordine ad una asserita incostituzionalità della norma per violazione del riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni.
Ma ancora più assorbente, ed anzi decisiva, appare la doglianza proposta dalla società ricorrente, laddove ha contestato l’inammissibilità delle giustificazioni offerte dall’aggiudicataria, nella parte in cui comportano e si fondano su di una inammissibile lesione del diritto alla giusta retribuzione spettante ai lavoratori coinvolti nell’accordo de quo.
Ed infatti esso contempla un trattamento retributivo deteriore rispetto ai minimi stabiliti dal CCNL di settore, laddove il costo del lavoro è connesso alla eliminazione della quattordicesima mensilità nonché di tutte le indennità ivi previste.
Critica questa, ancora una volta, non specificamente contestato dalle parti interessate.
La parte ricorrente a sua volta ha sostenuto che la stazione appaltante, alla luce della nuova cornice ordinamentale costituita dal d.lgs. n. 50/2016 (nuovo Codice de Contratti Pubblici), è obbligata ad escludere il concorrente, quando sia stato accertato che l’offerta è anormalmente bassa, in quanto, tra l’altro, non rispetta gli obblighi di cui all’art. 30 comma 3 lett. a) ovvero il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23 comma 16 del Codice medesimo.
Tale ultima previsione, in conformità all’art. 86 comma 3 bis del vecchio codice dei contratti, contempla il costo del lavoro “determinato annualmente in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali”.
In buona sostanza il rinvio operato dall’art. 97 comma 5 lett. a) all’art. 30 comma 3 implica che, nella esecuzione degli appalti pubblici, gli operatori economici sono obbligati a rispettare le norme poste a tutela dei diritti sociali, ambientali e del lavoro, essendo preciso obbligo della stazione appaltante chiedere i necessari giustificativi in sede di verifica sull’anomalia dell’offerta.
Con il vincolato esito della dovuta esclusione dell’offerta proposta in spregio degli obblighi retributivi minimi, e ciò, si badi bene, anche indipendentemente dalla congruità dell’offerta valutata nel suo complesso; in ciò sostanziandosi il novum rispetto alla pregressa disciplina.
Invero, la linea ermeneutica del nuovo sistema di tutela, come illuminata in ricorso, deve essere condivisa proprio all’esito della lettura della stessa direttiva 24/2014 UE (art. 69); da un esame testuale e sistematico emerge invero che la ratio del nuovo codice è chiaramente orientata per il rigoroso rispetto dei diritti minimi laddove involgano i primari interessi ambientali, sociali e, come nel caso di specie, lavoristici.
Pertanto il Collegio ha deciso l’annullamento degli atti impugnati
La sentenza integrale la trovate qui:

Nessun commento:

Posta un commento