mercoledì 7 dicembre 2016

REGIONE LAZIO : I PUNTI DI PRIMO INTERVENTO E IL SISTEMA DI EMERGENZA 118

I Punti di Primo Intervento furono previsti nell'ambito del Piano dell’emergenza urgenza della regione Lazio approvato dal Consiglio regionale del Lazio con deliberazione n. 1004/94 in attuazione del DPR 27 marzo 1992
Successivamente venne adottato sulla base dell’Atto di intesa tra Stato e regioni del’11 aprile 1996 con il quale furono emanate le Linee Guida sul sistema di emergenza. 
Sulla base di questi provvedimenti la Giunta della regione Lazio provvide a dare attuazione pratica a questi provvedimenti realizzando la rete dell’emergenza con l’individuazione degli ospedali sedi di DEA, di quelli sede di pronto soccorso, dei Punti di Primo Intervento e delle postazioni mobili del 118 tenendo conto dell’orografia del territorio, delle vie di comunicazione, dei tempi medi di intervento, ecc.
In base alle Linee Guida i Punti di primo intervento devono garantire le seguenti prestazioni: 
- stabilizzare il paziente in fase critica attivando tramite C.O. il trasporto presso l’ospedale più idoneo secondo protocolli definiti; 
- effettuare un primo intervento medico in caso di patologie diagnosticate ed ingravescenti, malesseri non ben definiti, piccoli atti medico – chirurgici, diagnostica strumentale semplice.
Questa rete è stata attiva per molti anni fino a quando ha subito delle modifiche derivanti dalla chiusura di molti presidi ospedalieri che i provincia di latina sono stati: Cori, Sezze, Priverno, Gaeta, Minturno, con conseguente degradazione dei posti di Pronto Soccorso a PPI, il che ha di fatto alterato profondamente il Piano originario del sistema di emergenza aumentando le distanze tra i centri abitati e i posti di pronto soccorso che di fatto sono stati ridotti solamente a quattro (Latina- sede di DEA di II livello; Terrracina, Fondi e Formia – sede di DEA di I livello); tuto questo in un territorio molto vasto e complesso. 
Nell’ambito degli ulteriori provvedimenti per il contenimento della spesa sanitaria, in base al D.L. n.95/2012, convertito con legge n. 135/2012, è stato emanato il decreto interministeriale n.70/2015 che al punto 9.1.5 “Punti di primo Intervento” prevede tra l’altro:
a) il mantenimento per un periodo di tempo limitato nella località in cui era presente un ospedale riconvertito in altra struttura, di un Punto di Primo Intervento, operativo nelle 12 ore diurne e presidiato dal sistema 118 nelle ore notturne. 
b) la trasformazione dei PPI in postazioni medicalizzate del 118 entro un arco temporale predefinito, implementando l’attività territoriale al fine di trasferire al sistema dell’assistenza primaria le patologie a bassa gravità e che non richiedono trattamento ospedaliero secondo protocolli di appropriatezza condivisi tra 118, DEA, hub o spoke di riferimento e Distretto.
c) nella fase di transizione verso la gestione del 118, la funzione per le urgenze dei PPI si deve limitare unicamente ad ambienti e dotazioni tecnologiche atte al trattamento delle urgenze minori e ad una prima stabilizzazione del paziente ad alta complessità, al fine di consentirne il trasporto nel pronto soccorso più appropriato.
La Direzione regionale Salute e Politiche sociali della Regione Lazio con una nota del 13 settembre scorso ha sollecitato le Aziende sanitarie locali all'adempimento del decreto del Ministero della Salute n. 70/2015
Allo stato dei fatti l’assistenza territoriale è assolutamente inadeguata e molto lontana dai Livelli Essenziali di Assistenza specialmente per quanto riguarda la presa in carico della popolazione anziana per cui l’implementazione dell’assistenza primaria, da tempo auspicata, richiederà interventi rilevanti; appare pertanto difficile che possa svolgere quella funzione di filtro verso il sistema di emergenza urgenza di cui è cenno al punto b); questo sarà senza dubbio possibile con il potenziamento di strutture di prossimità come ad esempio le Case della salute che dovrebbero essere situate una per distretto e, ovviamente, là dove non esistono ospedali. 
Ove l’Azienda USL Latina avesse voluto rispettare alla lettera quanto previsto dal predetto D.M. 70/2015 in primo luogo avrebbe dovuto limitare l’operatività dei PPI presenti nei Comuni di Cori (ab. 11.065), Cisterna (ab. 36.868), Sezze (ab.24.894), Priverno (ab. 14.525), Sabaudia (ab. 20.432), Gaeta (ab. 20.834) e Minturno (ab. 19.783) alle ore diurne, mentre durante quelle notturne sarebbe attiva solo una “Postazione territoriale” con una ambulanza del servizio 118. 
Il tutto non sarebbe potuto avvenire senza ascoltare i cittadini, gli utilizzatori dei servizi e i sindacati, come previsto dalle norme in vigore (art. 14 del D.lgs 502/92).
Com’è evidente si tratterebbe di una grave dequalificazione del servizio in quanto mentre nei PPI il servizio è assicurato da almeno un medico ed un infermiere professionale, in base agli standard del 118 le ambulanze di tipo MSB sono prive di medico a bordo e dovrebbe essere presente un equipaggio composto solo da un autista barelliere, un infermiere e un soccorritore.
Una organizzazione dell’emergenza che può essere sufficiente per aree con popolazione scarsa, ma che è assolutamente inadeguata nei nostri Comuni che hanno tutti una popolazione molto numerosa destinata ad aumentare notevolmente durante il periodo estivo, per cui la percentuale delle persone che possono richiedere l’intervento del 118 durante le ore notturne aumenta; cosa accadrà la notte durante il periodo in cui l’ambulanza sarà occupata presso il Pronto Soccorso dell’ospedale più vicino? 
A ciò si aggiunga che nella nostra provincia il servizio è affidato ad associazioni o società private per cui gli eventuali costi aggiuntivi andranno a gravare sul bilancio della ASL:
- La presenza dei PPI gestiti direttamente dalla ASL rappresenta un servizio di prossimità indispensabile in molte realtà, che fino ad ora è stato garantito con costi molto contenuti da personale qualificato, pur in condizioni talora molto difficili.
- La media degli accessi negli ultimi anni in questi PPI è spesso di gran lunga superiore a quella di 6.000 annui per cui appare sconsigliabile procedere ad una dequalificazione del servizio;
- I requisiti previsti dal citato DM 70/2015 non tengono conto del territorio della ASL, della peculiarità della sua orografia e della collocazione dei PPI, che nel caso di chiusura creerebbero in molti casi dei veri e propri vuoti nella rete dell’emergenza-urgenza a motivo delle distanze e della viabilità, con inevitabili ritardi nei tempi di intervento e di rischi per la vita dei pazienti;
- I PPI hanno rappresentato fino ad ora un filtro per le strutture di Pronto soccorso per cui la loro eventuale chiusura rischia di scaricare i pazienti fino ad ora curati presso queste strutture sui tre servizi di Pronto soccorso rimanenti in provincia (Latina, Terracina e Formia) che sono già spesso prossimi al collasso.
A seguito delle vive proteste dei Sindaci interessati  e delle forze sociali (anche io ho scritto numerose lettere alla regione, ai direttori generali e ai sindaci), il Direttore regionale salute e politiche sociali con la nota n. 472598 del 21 settembre ha dovuto rettificare quella precedente rinviando la chiusura dei PPI ad appositi provvedimenti che dovranno prevedere anche le modalità per la gestione della fase di transizione.
La direzione generale della ASL Latina dovendo procedere all'aggiornamento dell’Atto aziendale ha così dovuto soprassedere per il momento a modificare la parte relativa ai PPI; peraltro, mancando l’aggiornamento del Piano strategico non si comprendono le modalità che verranno seguite per il potenziamento della rete di assistenza territoriale, né vi è traccia della realizzazione della Casa della salute del Distretto 2 che dovrebbe trovare collocazione a Sabaudia essendo, dopo Latina il centro con maggiore popolazione ma privo di ospedale.

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