La Corte costituzionale con la sentenza n. 126 del 1° giugno 2016 ha affrontato il problema del danno ambientale.
Da una parte la Corte ha ripercorso la disciplina del danno ambientale, evidenziando il mutamento di prospettiva imposto dalle direttive europee, con la conseguente collocazione del profilo risarcitorio in una posizione accessoria rispetto alla riparazione; così, in sede di attuazione della direttiva, con il d.lgs. n. 152 del 2006, è emersa la priorità delle misure di “riparazione” rispetto al risarcimento per equivalente pecuniario, quale conseguenza dell’assoluta peculiarità del danno al bene o risorsa “ambiente”.
Ma quali sono i soggetti che sono tenuti al ripristino?. In primo luogo il responsabile del danno; tuttavia, quando le misure risultino in tutto o in parte omesse, o comunque realizzate in modo incompleto o difforme, il Ministro dell’ambiente può procedere direttamente agli interventi necessari, determinando i costi delle attività occorrenti per conseguire la completa e corretta attuazione e agendo nei confronti del soggetto obbligato per ottenere il pagamento delle somme corrispondenti.
In termini di possibile iniziativa autonoma, la Corte ha sottolineato come la riserva allo Stato non escluda che ai sensi dell’art. 311, d.lgs. n. 152 del 2006 sussista il potere di agire di altri soggetti, comprese le istituzioni rappresentative di comunità locali, per i danni specifici da essi subiti. La norma ha mantenuto «il diritto dei soggetti danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale, nella loro salute o nei beni di loro proprietà, di agire in giudizio nei confronti del responsabile a tutela dei diritti e degli interessi lesi» (art. 313, comma 7, secondo periodo).
La Corte ha ricordato come la Cassazione abbia più volte affermato che la normativa speciale sul danno ambientale si affianca (non sussistendo alcuna antinomia reale) alla disciplina generale del danno posta dal codice civile, non potendosi pertanto dubitare della legittimazione degli enti territoriali a costituirsi parte civileiure proprio, nel processo per reati che abbiano cagionato pregiudizi all’ambiente, per il risarcimento non del danno all’ambiente come interesse pubblico, bensì (al pari di ogni persona singola od associata) dei danni direttamente subiti: danni diretti e specifici, ulteriori e diversi rispetto a quello, generico, di natura pubblica, della lesione dell’ambiente come bene pubblico e diritto fondamentale di rilievo costituzionale.
Regioni, Province autonome e gli enti locali, oltre agli altri soggetti ivi previsti «…possono presentare al Ministro … denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l’intervento statale a tutela dell’ambiente».
L’art. 310 del Codice prevede espressamente l’azionabilità dinanzi al giudice amministrativo.
La sentenza integrale la trovate qui:
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