Con la legge 124/2015 il Parlamento aveva delegato il Governo ad avviare una vasta riforma della pubblica amministrazione. La riforma prevede deleghe da esercitarsi nell’arco dei 12 mesi dall'approvazione (quindi i provvedimento dovrebbero aver completato il loro iter entro il mese di agosto 2016), ad eccezione del decreto sul pubblico impiego per il quale sono previsti 18 mesi.
La procedura prevista dalle norme per l'approvazione di questi decreti è molto complessa e attenta, dato che devono acquisire il parere del Consiglio di Stato, poi quello della Conferenza stato-Regioi ed infine quello delle Commissioni parlamentari competenti.
Una parte dei decreti ha già iniziato da tempo il proprio iter essendo stato presentato in Consiglio dei ministri il 20 gennaio 2016: tra questi figurano i decreti relativi alla cittadinanza digitale, alla Conferenza dei servizi, ai procedimenti autorizzativi, al Freedom of Information Act (FOIA) e trasparenza, alle Forze di polizia, ai porti, ai dirigenti sanitari, alle partecipate, ai servizi pubblici locali, ai licenziamenti.
L'unico che ha completato il proprio iter in quanto risulta che è stato approvato dal consiglio dei Ministri in via definitiva il 17 maggio è quello del FOIA, che però abbisognava di alcune sistemazioni e che ancora non è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (oggi 8 giugno), meno male che c'era da aggiustare solo qualcosa....non è un buon sistema quello di approvare testi che non sono definitivi, in quanto secondo me si manca di rispetto al Consiglio dei Ministri, ma anche ai cittadini.
Tutti gli altri hanno ricevuto numerose osservazioni nel corso delle varie fasi del percorso. Quello che è stato impallinato senza pietà più di tutti risulta essere quello riservato alla riforma delle società partecipate che tra l'altro era quello più reclamizzato dal governo. Sia il Consiglio di stato che il Presidente dell'ANAC Cantone non hanno risparmiato le loro critiche. In particolare Cantone pare che abbia dichiarato che lo schema di decreto sulle società partecipate lasci campo libero al governo nel decidere quali escludere dal perimetro della razionalizzazione. Così come è scritta “rischia di essere una delega in bianco“, ha detto il magistrato in audizione al Senato su quello che è uno dei testi attuativi cruciali della riforma della pubblica amministrazione. Palazzo Chigi, infatti, potrebbe salvare le aziende che desidera (oltre all' Anas, Coni, Expo, Eur spa, Gse, Invimit, Invitalia, Istituto poligrafico e zecca dello Stato e Sogin, già espressamente indicate come eccezioni). Secondo Cantone l’unica deroga potrebbe riguardare le società che si devono quotare. Sono già alcui anni che i governi cercano di intervenire su questo tema, incalzati anche dalla Corte dei conti, senza però riuscirci. Nel frattempo i mesi passano e la scadenza della delega concessa al governo rischia di saltare. Non ci sono notizie poi sullo schema di provvedimento che dovrebbe affrontare il problema dei segretari generali dei Comuni che in base alla legge 124/2015 dovrebbero scomparire (altra innovazione molto pericolosa) per lasciare il posto a dirigenti scelti all'interno del Comune. Questa idea non tiene conto della realtà della metà dei Comuni italiani, che sono sotto i 5000 abitanti e che spesso hanno nel segretario comunale l'unica figura in grado di mandare avanti le cose. A ciò si aggiunga l'altra riforma in corso che riguarda l'attuazione della L. 56/2014 con la soppressione delle province che rischia di creare nuovi pesanti scossoni alle pubbliche amministrazioni locali.
Tutti gli altri hanno ricevuto numerose osservazioni nel corso delle varie fasi del percorso. Quello che è stato impallinato senza pietà più di tutti risulta essere quello riservato alla riforma delle società partecipate che tra l'altro era quello più reclamizzato dal governo. Sia il Consiglio di stato che il Presidente dell'ANAC Cantone non hanno risparmiato le loro critiche. In particolare Cantone pare che abbia dichiarato che lo schema di decreto sulle società partecipate lasci campo libero al governo nel decidere quali escludere dal perimetro della razionalizzazione. Così come è scritta “rischia di essere una delega in bianco“, ha detto il magistrato in audizione al Senato su quello che è uno dei testi attuativi cruciali della riforma della pubblica amministrazione. Palazzo Chigi, infatti, potrebbe salvare le aziende che desidera (oltre all' Anas, Coni, Expo, Eur spa, Gse, Invimit, Invitalia, Istituto poligrafico e zecca dello Stato e Sogin, già espressamente indicate come eccezioni). Secondo Cantone l’unica deroga potrebbe riguardare le società che si devono quotare. Sono già alcui anni che i governi cercano di intervenire su questo tema, incalzati anche dalla Corte dei conti, senza però riuscirci. Nel frattempo i mesi passano e la scadenza della delega concessa al governo rischia di saltare. Non ci sono notizie poi sullo schema di provvedimento che dovrebbe affrontare il problema dei segretari generali dei Comuni che in base alla legge 124/2015 dovrebbero scomparire (altra innovazione molto pericolosa) per lasciare il posto a dirigenti scelti all'interno del Comune. Questa idea non tiene conto della realtà della metà dei Comuni italiani, che sono sotto i 5000 abitanti e che spesso hanno nel segretario comunale l'unica figura in grado di mandare avanti le cose. A ciò si aggiunga l'altra riforma in corso che riguarda l'attuazione della L. 56/2014 con la soppressione delle province che rischia di creare nuovi pesanti scossoni alle pubbliche amministrazioni locali.
Alcuni dei decreti poi sono più che altro dei testi unici, molto utili, ma senza dubbio poco innovativi. Questa riforma, tanto reclamizzata sembra che non sia nata sotto una buona stella e che abbia bisogno di una visione d'insieme più rigorosa, ma nello stesso tempo più modernizzatrice se si vogliono risolvere i problemi storici della P.A. , ma soprattutto di quella centrale che è in grado di riprodursi senza tregua partorendo in continuazione nuove agenzie, nuovi uffici, ecc. benché gran parte delle competenze siano ora delle regioni.
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