Il vecchio codice degli appalti emanato nel 2006 (DLGS 163) in breve tempo era divenuto obsoleto e superato da molte nome che ne avevano indebolito la portata introducendo una vasta area di deroghe.
L'anno scorso, intervenendo ad un convegno a Varenna il presidente del consiglio di Stato dott. Pajno aveva puntato il dito contro quelli che a suo avviso erano i più gravi difetti della normativa precedente in materia di contratti pubblici:
a) bulimia normativa e il numero esorbitante di stazioni appaltanti ;
b) la ricerca di nuovi mezzi di prevenzione della corruzione, avendo sinora fallito l’obiettivo, sia le troppe regole, sia i troppi vincoli all’azione pubblica;
c) il prevalente utilizzo di procedure sotto soglia e in deroga;
d) il contenzioso sulle gare, concentrato soprattutto sui requisiti degli operatori, e connotato dalla complessità dei ricorsi principali e incidentali incrociati
Alla stesura del nuovo Codice, entrato in vigore il 20 aprile scorso hanno partecipato molti illustri giuristi, magistrati e amministratori locali e il testo finale ha beneficiato del parere autorevole del Consiglio di stato, della Conferenza Stato regioni oltre che delle commissioni competenti in seduta congiunta di Camera e Senato.
A distanza di quattro mesi dall'entrata in vigore del nuovo Codice proviamo a fare il punto della situazione.
In effetti siamo all'inizio del percorso in quanto mancano ancora molti tasselli al completamento della costruzione in quanto solo due delle Linee guida dell'ANAC che insieme a molti decreti dovrebbero completare il disegno normativo, hanno completato il loro percorso.
E' quindi vero che ora disponiamo di un solo documento ma questo è stato talmente alleggerito che molte cose sono state ulteriormente delegate a provvedimenti non di livello legislativo in base al principio della soft law; pertanto non è vero che la normativa sia stata proprio semplificata perché lo spazio da riempire è ancora molto elevato.
Ma il problema più grave è dato dalle stazioni appaltanti in quanto mentre sono stati individuati gli enti aggregatori in molti casi questi non sono ancora pronti a svolgere il compito loro richiesto.
Mancano ancora i prezzi di riferimento e non è facile definire la congruità dei prezzi.
A ciò si aggiunga che le altre stazioni appaltanti non hanno ancora ricevuto la necessaria qualificazione e che la maggioranza dei Comuni non ha costituito le Centrali Uniche di Committenza.
Molti acquisti e lavori sotto soglia vengono affidati senza rispettare quanto previsto dal Codice e dalle indicazioni dell'ANAC.
Così da una parte vengono rallentate le procedure, mentre dall'altra alcuni Comuni procedeno come se nulla fosse accaduto e senza che nessuno dica nulla, dato che l'ANAC non è in grado di tenere testa ad oltre ottomila Comuni, oltre alle amministrazioni centrali , alle aziende sanitarie, agli enti economici, a quelli non economici, ecc...
Manca anche la formazione del personale che troppo spesso, specialmente nei piccoli Comuni non è in grado di assolvere alla numerosità e alla complessità degli adempimenti richiesti dalla nuova normativa.
A tutto ciò si aggiunge il fatto che anche la costituzione dei nuovi enti di area vasta, che potrebbero assolvere a queste incombenze svolgendo la funzione di Centrale Unica di Committenza si sono fermati strada facendo a motivo del referendum costituzionale che ancora non ha sciolto il problema delle amministrazioni provinciali.
Ma tutto questo, anche se in gran parte vero, non può essere una scusa per svicolare le norme o per consentire ulteriori deroghe temporali o norme transitorie....
Ma tutto questo, anche se in gran parte vero, non può essere una scusa per svicolare le norme o per consentire ulteriori deroghe temporali o norme transitorie....
La questione non è di poco conto se la Commissione Lavori pubblici del Senato ha sentito la necessità di fare una audizione della conferenza Stato regioni su questo punto.
Qui trovate il documento della Conferenza Stato regioni:
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