Riporto integralmente il mio comunicato:
"Com’è
noto la Direzione regionale Salute e Politiche sociali della Regione Lazio con
una nota del 13 settembre scorso ha sollecitato le Aziende sanitarie locali
all’adempimento del decreto del Ministero della Salute n. 70/2015 che al punto
9.1.5 “Punti di primo Intervento”
prevede tra l’altro:
a) il mantenimento per un periodo di tempo
limitato nella località in cui era presente un ospedale riconvertito in altra
struttura, di un Punto di Primo Intervento, operativo nelle 12 ore diurne e
presidiato dal sistema 118 nelle ore notturne.
b) la
trasformazione dei PPI in postazioni medicalizzate del 118 entro un arco temporale predefinito, implementando l’attività
territoriale al fine di trasferire al sistema dell’assistenza primaria le
patologie a bassa gravità e che non richiedono trattamento ospedaliero secondo
protocolli di appropriatezza condivisi tra 118, DEA, hub o spoke di
riferimento e Distretto.
c) nella fase di transizione verso la gestione del
118, la funzione per le urgenze dei PPI si deve limitare unicamente ad ambienti e dotazioni tecnologiche atte al
trattamento delle urgenze minori e ad una prima stabilizzazione del paziente ad
alta complessità, al fine di consentirne il trasporto nel pronto soccorso più
appropriato.
Con una ulteriore comunicazione del 21
settembre la predetta Direzione regionale ha sollecitato proposte da parte
delle Direzioni delle ASL in merito anche alla gestione della fase di
transizione.
Pertanto, nonostante alcune dichiarazioni
rassicuranti riportate dalla stampa, la Direzione della ASL Latina sembra
intenzionata a portare avanti entro la fine dell’anno l’attuazione del citato
D.M. 70/2015, con modalità che sono ancora da definire.
Allo stato dei fatti l’assistenza territoriale
è assolutamente inadeguata e molto lontana dai Livelli Essenziali di Assistenza
specialmente per quanto riguarda la presa in carico della popolazione anziana
per cui l’implementazione dell’assistenza primaria, da tempo auspicata,
richiederà interventi rilevanti; appare pertanto difficile che possa svolgere
quella funzione di filtro verso il sistema di emergenza urgenza di cui è cenno
al punto b); questo sarà senza dubbio possibile con il potenziamento di
strutture di prossimità come ad esempio le Case della salute che dovrebbero
essere situate una per distretto e, ovviamente, là dove non esistono ospedali.
Ove l’Azienda USL Latina volesse rispettare
alla lettera quanto previsto dal predetto D.M. 70/2015 in primo luogo dovrebbe
limitare l’operatività dei PPI presenti nei Comuni di Cori (ab. 11.065),
Cisterna (ab. 36.868), Sezze (ab.24.894), Priverno (ab. 14.525), Sabaudia (ab.
20.432), Gaeta (ab. 20.834) e Minturno (ab. 19.783) alle ore diurne, mentre
durante quelle notturne sarebbe attiva solo una “Postazione territoriale” con una ambulanza del servizio 118.
Il tutto
non potrà avvenire senza ascoltare i cittadini, gli utilizzatori dei servizi e
i sindacati, come previsto dalle norme in vigore (art. 14 del D.lgs 502/92).
Com’è
evidente si tratterebbe di una grave dequalificazione del servizio in quanto
mentre nei PPI il servizio è assicurato da almeno un medico ed un infermiere
professionale, in base agli standard del 118 le ambulanze di tipo MSB sono
prive di medico a bordo e dovrebbe essere presente un equipaggio composto solo
da un autista barelliere, un infermiere e un soccorritore.
Una
organizzazione dell’emergenza che può essere sufficiente per aree con
popolazione scarsa, ma che è assolutamente inadeguata nei nostri Comuni che
hanno tutti una popolazione molto numerosa destinata ad aumentare notevolmente
durante il periodo estivo, per cui la percentuale delle persone che possono
richiedere l’intervento del 118 durante le ore notturne aumenta; cosa accadrà
la notte durante il periodo in cui l’ambulanza sarà occupata presso il Pronto
Soccorso dell’ospedale più vicino?
A
ciò si aggiunga che nella nostra provincia il servizio è affidato ad
associazioni o società private per cui gli eventuali costi aggiuntivi andranno
a gravare sul bilancio della ASL:
La
presenza dei PPI gestiti direttamente dalla ASL rappresenta un servizio di
prossimità indispensabile in molte realtà, che fino ad ora è stato garantito
con costi molto contenuti da personale qualificato, pur in condizioni talora
molto difficili.
Corre l’obbligo di precisare ulteriormente
quanto segue:
- La percentuale della popolazione anziana presente
in ciascuno dei Comuni in questione è molto alta e la maggioranza è affetta da
più di una patologia cronica;
- La media degli accessi negli ultimi anni in
questi PPI è spesso di gran lunga superiore a quella di 6.000 annui per cui
appare sconsigliabile procedere ad una dequalificazione del servizio;
- I requisiti previsti dal citato DM 70/2015 non
tengono conto del territorio della ASL, della peculiarità della sua orografia e
della collocazione dei PPI, che nel caso di chiusura creerebbero in molti casi dei
veri e propri vuoti nella rete dell’emergenza-urgenza a motivo delle distanze e
della viabilità, con inevitabili ritardi nei tempi di intervento e di rischi
per la vita dei pazienti;
- I PPI hanno rappresentato fino ad ora un filtro
per le strutture di Pronto soccorso per cui la loro eventuale chiusura rischia
di scaricare i pazienti fino ad ora curati presso queste strutture sui tre
servizi di Pronto soccorso rimanenti in provincia (Latina, Terracina e Formia) che
sono già spesso prossimi al collasso.
Questa scelta, se attuata,
darebbe un ulteriore grave colpo alla già grave situazione della sanità nella
nostra provincia.
A questo si dovranno aggiungere
gravi conseguenze anche per il turismo in quanto persone affette da patologie
croniche sarebbero portate ad evitare di soggiornare in località prive di
assistenza sanitaria adeguata.
Questo rischia di essere il primo passo verso una chiusura definitiva dei PPI e deve essere contrastato in ogni modo.
Questo rischia di essere il primo passo verso una chiusura definitiva dei PPI e deve essere contrastato in ogni modo.
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