L'Assemblea Plenaria del Consiglio di Stato n.17/2016) si pronuncia sulla questione della procedura per l'autorizzazione alla installazione di antenne per la telefonia cellulare e annulla gli atti di diniego da parte di un ente parco (Castelli romani).
In particolare il Consiglio ha stabilito che il silenzio assenso previsto dall’art. 13, commi 1 e 4, l. 6 dicembre 1991 n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) non è stato implicitamente abrogato a seguito dell'entrata in vigore della l. n. 80 del 2005, che, nell'innovare l'art. 20, l. n. 241 del 1990, ha escluso che l'istituto generale del silenzio-assenso possa trovare applicazione in materia di tutela ambientale e paesaggistica.
Il ragionamento seguito dal Consiglio per giungere alla decisione è molto articolato e qui ne riporto solo una parte:
Al fine della soluzione della questione occorre anzitutto rilevare il quadro normativo e giurisprudenziale conferente.
Preliminarmente è da considerare che non è utile a dirimere il dubbio la normativa regionale invocata al riguardo. L’art. 28 (Nulla osta e poteri d'intervento dell'ente di gestione), comma 1, della legge regionale del Lazio 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in materia di aree naturali protette regionali), richiama la necessità del «preventivo nulla osta dell'ente di gestione ai sensi dell'articolo 13, commi 1, 2 e 4, della l. 394/1991». L’inutilità deriva dal considerare che una legge regionale non potrebbe intervenire sul tema qui in esame, dato che la normativa quadro di settore sulle aree protette ha l’originaria natura di principii fondamentali della materia e dopo riforma del Titolo V della Costituzione (2001) rientra nella competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell’ambiente» ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.: (Corte cost., 27 luglio 1992, n. 366; 11 novembre 2010, n., 315; 11 febbraio 2011, n. 44; 12 ottobre 2011, n. 263; 18 luglio 2014, n. 212).
Questa previsione regionale del resto non intende spiegare alcun effetto utile ai fini della risoluzione della questione, perché solo fa rinvio all’art. 13 l. n. 394 del 1991.
L’art. 13 l. 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) – che al comma 1 stabilisce «Il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato. […]» - è inteso al controllo autorizzatorio dell’Ente Parco su ogni intervento che si intenda realizzare sull’area interna al perimetro al fine di verificare se sia conforme al Piano per il parco dell’art. 12 ed al Regolamento del parco, dell’art. 11.
Rilevano qui i commi 1 e 4 dell’art. 20 della legge 241/90, che così dunque ora dispongono:
«1. Fatta salva l'applicazione dell'art. 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all' articolo 2 , commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2».
«4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l'immigrazione, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti»
La giurisprudenza sulla legge n. 394 del 1991.
A parte quanto già ricordato, sotto un profilo generale la Corte Costituzionale ha sottolineato come la disciplina delle aree protette, enunciando la normativa quadro di settore sulle suddette aree, detti i principi fondamentali della materia, ai quali la legislazione regionale è chiamata ad adeguarsi, assumendo di conseguenza anche i connotati di normativa interposta (sentenze 26 gennaio 2012, n. 14; 18 marzo 2005, n. 108; 14 luglio 2000, n. 282).
Seguendo il suo costante indirizzo, anche di recente la Corte Costituzionale (sentenza 6 luglio 2012, n. 171), in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., ha affermato che la tutela dell’ambiente non è un “materia” in senso tecnico, perché è da intendere come valore costituzionalmente protetto, una sorta di «materia trasversale», in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, anche regionali; fermo restando che allo Stato spettano le determinazioni rispondenti a esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale, con la conseguenza che l'intervento regionale è possibile soltanto in quanto introduca una disciplina idonea a realizzare un ampliamento dei livelli di tutela e non derogatoria in senso peggiorativo (ex multis: sentenze 22 luglio 2011, n. 235; 23 gennaio 2009, n. 12; 22 luglio 2009, n. 225).
Con più specifico riferimento all’art. 13 l. 6 dicembre 1991, n. 394, la Corte Costituzionale (sentenza 29 dicembre 2004, n. 429) ha evidenziato che “il nulla osta in questione è atto diverso dall'autorizzazione paesaggistica relativa all'intervento, agli impianti ed alle opere da realizzare all'interno del parco. Esso è un atto endoprocedimentale, prodromico rispetto al rilascio dell'autorizzazione [paesaggistica]”. Giova altresì precisare che in passato la detta disposizione di cui all’art.13 (unitamente ad altre contenute nella citata legge n. 394 del 2001) era stata impugnata in via principale dalla Provincia autonoma di Bolzano, ma la Corte Costituzionale con la sentenza del 27.7.1992, n. 366 ha disatteso il dubbio di costituzionalità prospettato.
Con riferimento alla dimensione valutativa sottesa al nulla osta previsto dall’art. 13 in questione, la giurisprudenza della VI Sezione del Consiglio di Stato ha precisato (sentenza 7 novembre 2012, n. 5630) che l'oggetto della valutazione propria di detto nulla-osta è costituito, oltreché dall'impatto dell'opera sul contesto ambientale oggetto di tutela, da tutti gli aspetti di protezione del territorio, anche relativi alla disciplina di natura urbanistica ed edilizia recepita dal Piano del Parco e dal regolamento.
Le affermazioni della giurisprudenza in materia di silenzio-assenso.
Con numerose decisioni (Corte cost., 10 marzo 1988, n. 302.; 13 novembre 1992, n. 437; 27 aprile 1993, n. 194; 12 febbraio 1996, n. 26; 17 dicembre 1997, n. 404; 4 dicembre 2009, n. 315; 16 luglio 2014, n. 209) la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime leggi regionali che introducevano il silenzio-assenso in materia ambientale perché produttive dell’effetto di determinare livelli di tutela ambientale inferiori rispetto a quelli previsti dalla legge statale; parimenti, ha affermato l'illegittimità costituzionale di norme regionali che riducevano i termini del silenzio-assenso previsti dalle corrispondenti prescrizioni delle leggi statali(ex plurimis, 4 dicembre 2009, n. 315 e n. 22 luglio 2009, n. 225); la premessa maggiore di tali statuizioni si rinviene nel principio per cui allo Stato spettano le determinazioni rispondenti ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale, con la conseguenza che l'intervento regionale è possibile soltanto in quanto introduca una disciplina idonea a realizzare un ampliamento dei livelli di tutela (ex multis: sentenze n. 235 del 2011, n. 225 e n. 12 del 2009).
Va altresì rammentato che con la sentenza di rigetto del 21.3.1997n. 67 la Corte Costituzionale ha ritenuto immune dai lamentati dubbi di costituzionalità l'art. 20, comma 2, della legge regionale della Toscana 16 marzo 1994, n. 24 (nella parte in cui prevedeva che il rilascio del nulla-osta dell'Ente parco tenga luogo delle autorizzazioni previste dalla normativa statale per gli interventi in zone sottoposte a vincoli paesaggistici ed idrogeologici) espressamente affermando che non poteva escludersi “la possibilità che la funzione di accertare le condizioni per la emanazione dei due atti faccia capo, anche per esigenze di semplificazione, ad uno stesso organo, ritenuto idoneo a compiere tutte le valutazioni necessarie dal soggettiva (la regione) titolare dell'una e dell'altra competenza” e rilevando nell’ultimo considerando che era stato “soltanto compiuto uno snellimento dell'azione amministrativa, nello spirito dell'art. 97 della Costituzione.”.
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Conclusivamente, alla stregua delle superiori considerazioni deve affermarsi il seguente principio di diritto: il silenzio assenso previsto dall’art. 13, commi 1 e 4, della legge n. 394 del 1991 non è stato implicitamente abrogato a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 80 del 2005, che, nell'innovare l'art. 20 della legge n. 241 del 1990, ha escluso che l'istituto generale del silenzio-assenso possa trovare applicazione in materia di tutela ambientale e paesaggistica.
Alla stregua del principio prima enunciato deve pertanto concludersi che:
a) al momento in cui venne inviato alla società odierna appellante il preavviso di rigetto del diniego (in data 8 gennaio 2013) si era già formato il silenzio-assenso sulla domanda presentata dalla società odierna appellante il 11 ottobre 2012;
b) alla stregua della costante giurisprudenza amministrativa (ex aliis di recente Consiglio di Stato, III, 2 ottobre 2015, n. 4612) la avvenuta formazione del silenzio assenso comporta che l'Amministrazione, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo 20, ove intenda adottare un nuovo provvedimento, dovrà' adottarlo in via di autotutela ai sensi dei successivi articoli 21-quinquies e 21-nonies, dopo aver effettuato le valutazioni di legittimità omesse o non correttamente esercitate, e pertanto si appalesa illegittimo il diniego reso dall’Ente Parco e sopravvenuto tardivamente dopo che si era già formato il titolo abilitativo tacito;
c) per le superiori considerazioni, che rivestono portata assorbente rispetto alla seconda censura dedotta, il primo motivo di appello va accolto e per l’effetto in riforma della impugnata decisione deve essere accolto il ricorso di primo grado e deve essere annullato del provvedimento dell'Ente Parco dei Castelli Romani, con cui era stata rigettata l’istanza di nulla osta presentata ai sensi della l. reg. Lazio n. 97 del 1997 per la realizzazione di un impianto in ....
Il testo integrale della decisione lo trovate qui:
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