Il 3 ottobre c'è stata l'audizione della Corte dei Conti sulla nota di aggiornamento del DEF 2016 presso le Commissioni bilancio riunite della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Nelle conclusioni del documento si legge che nel complesso, le modifiche previste con la Nota appaiono dare
al quadro macroeconomico tendenziale un profilo di maggiore prudenza almeno per quello che riguarda l’anno in corso e il prossimo. Si intravedono, tuttavia, potenziali elementi di fragilità del quadro economico che si riflettono sul percorso programmatico di finanza pubblica. Tali elementi vanno ricondotti soprattutto ad un fattore esogeno: un profilo di domanda internazionale che potrebbe essere, specie nel medio periodo, meno favorevole di quanto prefigurato. Ne deriverebbe un rischio al ribasso per le prospettive delle nostre esportazioni e quindi di crescita complessiva con conseguenti risvolti avversi sul percorso programmatico di finanza pubblica. Il DEF 2016 aveva proposto un impianto di politica di bilancio supportato dalla previsione di una ripresa dell’economia che si mostra oggi assai meno robusta di quanto atteso ed esposta ad ulteriori rischi.
Dal punto di vista delle scelte di policy l’impianto del Documento di aprile poggiava da
un lato, sulla conferma della volontà di sfruttare appieno i margini di flessibilità offerti
dal Patto di stabilità e crescita (e derogare quindi alla regola standard che chiede ai paesi
nel braccio preventivo del PSC di migliorare anno dopo anno il loro disavanzo strutturale)
e dall’altro, sulla scelta di disattivare gli inasprimenti di pressione fiscale derivanti dagli
incrementi di IVA già in legislazione (clausole di salvaguardia) e spingere sensibilmente
nella direzione del sostegno della domanda interna.
Queste due scelte sono confermate nella Nota di aggiornamento. Ma ciò avviene
rinviando sia l’inversione del trend di crescita del rapporto debito/Pil nel 2016 (ora
posticipato al 2017), sia il lieve miglioramento del saldo strutturale di bilancio del
prossimo esercizio.
Non è ancora conosciuta la dimensione complessiva della manovra. Oltre alla copertura
del mancato aumento dell’IVA, il Governo annuncia l’individuazione di risorse da
destinare agli interventi a sostegno della crescita e a misure di carattere sociale e
previdenziale prefigurate nella Nota.
Ancora una volta sarà proprio la capacità di ridurre il livello delle uscite primarie che
potrebbe rivelarsi il fattore chiave nel giudizio che andrà formandosi sulla sostenibilità
delle scelte di bilancio prospettate. Ridurre la spesa significa, infatti, muoversi lungo
un’ipotesi di progressivo restringimento della sfera occupata dall’operatore pubblico.
Rinviando per una valutazione complessiva al momento in cui saranno più chiari i
caratteri delle misure proposte, va sottolineato che in questi anni di crisi l’Italia è stata
capace di controllare, in situazioni di contesto difficilissime (quasi 10 punti di perdita di
Pil reale, circa 25 di produzione industriale e circa 30 di investimenti fissi lordi) i flussi
della propria finanza pubblica. Essa ha pagato, tuttavia, le pesanti condizioni iniziali
(stock di debito elevato ad inizio crisi) ed ha dovuto sperimentare un incremento di debito
rilevante, di cui circa un terzo proprio dovuto alle più severe condizioni di partenza. Il
controllo della spesa si è mostrato significativo: nel quinquennio 2011-15 si è registrata
una riduzione della spesa corrente primaria reale nonostante il calo di prodotto: in valore
assoluto la spesa corrente, sempre aggiustata per l’inflazione, è prima caduta e poi si è
sostanzialmente stabilizzata.
Dall'introduzione dell'euro la spesa primaria è cresciuta in Italia più che in Francia e Germania, nonostante che il
livello del debito fosse già significativamente più elevato rispetto a quei paesi, i quali,
peraltro, hanno potuto beneficiare di risparmi di spesa per interessi meno rilevanti di
quelli ottenuti dall’Italia. Ne è conseguita una crescita della pressione fiscale
particolarmente severa: l’indice di intermediazione del settore pubblico, approssimato
dalla somma di entrate e spese pubbliche su Pil, ha conosciuto nel 2015 il livello più
elevato degli ultimi decenni.
Infine, va sottolineata ancora una volta la necessità che le risorse liberate da un più
graduale processo di convergenza verso gli equilibri di bilancio siano destinate ad
interventi in grado di incidere sul potenziale di crescita del Paese.
Di qui, l’urgenza di
rimuovere gli ostacoli che rallentano la realizzazione di una politica di ammodernamento
delle infrastrutture con un coerente quadro di responsabilità organizzative, decisionali e
finanziarie che riducano le incertezze che oggi condizionano anche l’operatore pubblico.
I ristretti margini di manovra che si evidenziano nella Nota, a fronte delle necessità
crescenti di un riadeguamento strutturale in grado di incidere effettivamente sulla
produttività del sistema, portano a ritenere ancora attuale l’esigenza, già sottolineata dalla
Corte in sede di Audizione al DEF 2016 e nel Rapporto di coordinamento 2016, di un
attento “processo di riperimetrazione” dell'offerta di servizi pubblici in grado di attivare,
con l’ausilio del mercato, un adeguato volume di investimenti.
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