mercoledì 20 giugno 2018

IL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA FORMALE E SOSTANZIALE NELLA COSTITUZIONE



Gli studenti che si sono presentati ieri a svolgere la prova di italiano della maturità si sono trovati di fronte oltre alle altre tracce una che riguardava la nostra Costituzione.
La Costituzione è la legge fondamentale dello Stato italiano; è entrata in vigore il 1 gennaio 1948 e regola ancora oggi i rapporti tra lo Stato e i cittadini. Analizza e commenta i principi enunciati nell'articolo 3, anche in relazione alla storia recente. «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.» 
L'argomento è stato da me affrontato proprio in uno dei primi capitoli del mio nuovo libro di prossima uscita.
L’elemento intorno al quale è stata costruita la nostra Costituzione e che la caratterizza è rappresentato dalla persona umana, con i suoi diritti e la sua dignità, intesa peraltro non come individuo singolo, ma vista nell’ambito della comunità, dei rapporti sociali, in un mondo in cui sono presenti molte disuguaglianze. 
Con quest’ultimo termine si intendono sia i divari in termini di reddito tra le persone sia la perdita di opportunità individuali, che impediscono il potenziale avanzamento delle abilità e competenze delle persone, frenano il loro sviluppo e, quindi, il loro potenziale contributo alla società. 
La lotta contro le disuguaglianze può essere una leva per favorire la creazione di posti di lavoro e la crescita e ridurre al tempo stesso la povertà. 
L’art. 3 della Costituzione contiene il principio di uguaglianza formale che è alla base di tutte le democrazie moderne e che trova le sue radici nell’antica Grecia: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». 
Con la locuzione “pari dignità sociale” la Corte Costituzionale ha ritenuto che il principio di uguaglianza impone di riconoscere ad ogni cittadino uguale dignità, sia pur nella varietà delle occupazioni e professioni anche se collegati a differenti condizioni sociali. 
Molto importante è il secondo comma del predetto art. 3, secondo cui «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». 
Il secondo comma contiene un evidente obbligo per chi governa, a qualsiasi livello e quindi anche per i Comuni di operare in tutti i settori di competenza per eliminare le situazioni di disuguaglianza e per prevenirne la creazione di nuove; per far questo è necessario intervenire con tutti gli strumenti che ha a disposizione l’ente locale: Statuto, regolamenti, deliberazioni, ecc. nel campo delle imposte, dell’istruzione, del lavoro, dello sviluppo economico, nei servizi sociali, ecc. 
Molto importante è eliminare la disuguaglianza esistente in molti Comuni nell’accesso alle scelte di politica locale dovuto nella maggior parte dei casi alla crisi economica che ha prodotto l’aumento dei disoccupati e degli inoccupati pregiudicandone le capacità di autodeterminazione e comunque la voglia di partecipare alle decisioni su questioni che interessano la comunità.
Secondo Urbinati «Ci sono tuttavia buoni indizi per tentare una triangolazione tra la crescita della diseguaglianza e della povertà, il restringimento della partecipazione elettorale, e l’inclusività delle regole del gioco».
Un grande studioso della disuguaglianza è il premio Nobel per l’economia 2001 Stiglitz secondo il quale la disuguaglianza è frutto di scelte e azioni politiche ed economiche, ma è anche indotta e alimentata dall’evoluzione tecnologica. Secondo Stiglitz una crisi nelle condizioni di lavoro genera a sua volta forti conflittualità sociali, instabilità economica e politica. 
I Comuni sono chiamati a contrastare questi fenomeni utilizzando gli strumenti a loro disposizione che vanno dalla progressività del sistema della tassazione locale (che deve assicurare l’equità e la proporzionalità) alla gestione di servizi pubblici e di servizi sociali funzionanti e in grado di rispondere specialmente alle esigenze delle famiglie meno abbienti e degli anziani. 


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