Molte amministrazioni comunali appena elette si lanciano a rifare i regolamenti comunali che spesso vengono calati in testa ai cittadini senza la possibilità di poter dire la loro.
A parte il fatto che nella maggioranza dei casi sarebbe importante che, se proprio si vuole lasciare il segno, sarebbe opportuno cominciare dallo Statuto comunale, quasi sempre molto datato sotto tutti gli aspetti, questi amministratori farebbero bene a studiare un poco e a utilizzare lo strumento dei regolamenti in maniera appropriata.
Infatti, ad esempio il regolamento consiliare, che quasi sempre è il primo obiettivo, deve limitarsi a regolare lo svolgimento dell'attività del Consiglio e delle Commissioni, non potendo entrare in altre questioni.
Ma la questione più grave è che nella quasi totalità dei Comuni i cittadini vengono tenuti fuori dalla procedura di formazione dei nuovi regolamenti.
L’ articolo 4, comma 4, della legge 131 del 2003
riserva alla potestà regolamentare degli enti locali «la disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione
delle funzioni dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane […] nell’ambito
della legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicura i requisiti
minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze…».
A sua volta la Corte
costituzionale, con la sentenza n. 106/2002 ha rilevato come «la Costituzione, nello stabilire…che la
sovranità “appartiene” al popolo, impedisce di ritenere che vi siano luoghi o
sedi dell’organizzazione costituzionale nella quale essa si possa insediare
esaurendovisi. Le forme ed i modi nei quali la sovranità del popolo può
svolgersi, infatti, non si risolvono nella rappresentanza, ma permeano l’intera
intelaiatura costituzionale».
La dottrina pubblicistica nel campo del potere
regolamentare degli enti locali si è evoluta notevolmente.
In questo filone si inserisce anche il concetto di
normazione sociale e il ruolo dei regolamenti comunali per un sistema di
produzione del diritto partecipato.
Quindi sarebbe necessario che ponendo mano alla revisione dello Statuto fossero introdotte norme idonee ad assicurare la partecipazione dei cittadini alla formazione dei regolamenti e perchè no, anche dello stesso Statuto.
La trasparenza delle procedure è la prima garanzia di
legalità
Spesso neanche dopo l'approvazione è previsto un periodo di pubblicazione in modo tale da consentire ai cittadini di formulare osservazioni.
Infatti il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) non ha confermato, con riferimento ai regolamenti comunali, il regime di doppia pubblicazione espressamente previsto dal precedente ordinamento della legge comunale e provinciale di cui al R.D. 04 febbraio 1915, n. 148 ed al R.D. 03 marzo 1834, n. 383.
Peraltro nulla vieterebbe che tale norma fosse mantenuta dall'ente nell'ambito della propria autonomia, prevedendola naturalmente nello Statuto.
Nello Statuto di molti Comuni non viene mai indicato nulla per cui trovano applicazione le norme delle preleggi al codice civile (art. 10) secondo cui i regolamenti divengono obbligatori al decimoquinto giorno successivo dalla pubblicazione.
Per quanto riguarda i regolamenti in materia urbanistica vale sempre la legge 1150 del 1942 che prevede una procedura di pubblicazione del piano generale, dei piani particolareggiati ecc. (artt. 9 e segg.).
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