Il TAR Lazio, Sezione II con una decisione del 6 aprile scorso , n. 4153 ha ritenuto non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 4, 36, 38, 95, 97, 100, 101, 104 e 108 Cost. la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 489 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che, nella sostanza, ha avuto l’effetto di limitare il cumulo tra la retribuzione percepita per l’esercizio delle funzioni esercitate presso il Consiglio di Stato e il trattamento di quiescenza già maturato nelle precedenti amministrazioni di appartenenza, stante la disciplina del tetto massimo degli emolumenti a carico della finanza pubblica (fissato dall'art. 23 ter, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, in 240.000 euro lordi), in forza della quale la remunerazione della funzione svolte presso il Consiglio di Stato è ridotta o del tutto azzerata, con una corrispondente decurtazione dei contributi previdenziali e, di conseguenza, del trattamento pensionistico derivante dall'accumulo di tale montante contributivo; secondo il TAR in questo modo si determina:
a) una violazione del diritto al lavoro e ad una retribuzione “proporzionata alla quantità e qualità” del lavoro prestato;
b) una disparità di trattamento fra soggetti che svolgono la medesima attività ed una irrazionale organizzazione della Giustizia amministrativa;
c) un indebolimento delle garanzie di indipendenza nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali.
La Corte costituzionale è così chiamata ad affrontare un tema molto scottante e mi auguro che in maniera imparziale ponga di punti chiari sui principi che devono ispirare il sistema pensionistico.
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