Sono impegnato questi giorni a preparare un mio intervento ad un Convegno per la Città metropolitana di Roma Capitale impegnata ad assistere non solo i residenti ma una miriade di persone in più.
Oltre ai pendolari, rimango ancora oggi impressionato dalla presenza sempre più multirazziale con persone che arrivano da ogni parte. ma oramai non restano solo a Roma, vivono anche in molti Comuni dell'hinterland, fino ai Castelli romani, in quella che oggi chiamiamo la città metropolitana.
Oltre ai pendolari, rimango ancora oggi impressionato dalla presenza sempre più multirazziale con persone che arrivano da ogni parte. ma oramai non restano solo a Roma, vivono anche in molti Comuni dell'hinterland, fino ai Castelli romani, in quella che oggi chiamiamo la città metropolitana.
Non sempre i Comuni sono pronti a fronteggiare questo problema complesso.
Ma, tranne il periodo medievale, anche all'epoca romana era la stessa cosa.
Lo scriveva anche L.A. Semeca alla madre Elvia che viveva in Spagna, di dove era originario anche lui (era nato a Cordoba nel 4 a.c.) e che si meravigliava per la massa di persone che arrivavano a Roma: «Alcuni li ha spinti qui
l'ambizione, altri la necessità di un incarico pubblico, altri l'incombenza di
un'ambasceria, altri la ricerca di un luogo adatto alla loro lussuria e ricco
di vizi, altri il desiderio degli studi liberali, altri quello di assistere
agli spettacoli, alcuni ancora sono stati attirati dall'amicizia, altri dalla
ricerca di maggiori possibilità per esprimere il proprio talento; qualcuno è
venuto per mettere in vendita la propria bellezza, qualcun altro la propria
eloquenza. Non c'è razza umana che non sia venuta in questa città che paga a
caro prezzo le virtù come i vizi. Chiamali per nome tutti costoro e chiedigli
di che paese siano: vedrai che la maggior parte è tutta gente che ha lasciato
la terra natale ed è venuta in questa città grandissima e bellissima e,
comunque, non sua». Non sembra che sia cambiato proprio nulla.
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