domenica 10 aprile 2016

IL DINIEGO DI CONDONO PER IMMOBILI COSTRUITI SU AREA DEMANIALE E L'INAMMISSIBILITA' DEL LEGITTIMO AFFIDAMENTO IN CAPO AL PRIVATO PER IL TRASCORRERE DEL TEMPO

Una recente sentenza del Consiglio di stato relativa alla demolizione di un immobile in area demaniale a seguito del diniego di condono affronta anche il problema del decorso del tempo. 
Così il Consiglio di Stato Sez, VI, n.1395 dell'8 aprile 2016
In particolare il Collegio ha così argomentato:
"...il Comune, nel diniego di condono, ha posto in evidenza il fatto che, trattandosi di fabbricato eretto su area demaniale, la richiedente non aveva prodotto la necessaria dichiarazione di disponibilità dell’Ente proprietario a concedere onerosamente l’uso del suolo su cui insiste la costruzione per come previsto dall’art. 32 Legge n. 47/1985 e s.m.i. ....l’appellante ha riproposto i vizi di violazione del principio del legittimo affidamento, anche avuto riguardo al considerevole lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso, e di difetto di motivazione non avendo, il Comune, “speso” neppure una parola sull’ “interesse pubblico” sotteso alla demolizione di un fabbricato ultimato da diverse decine d’anni, anche in comparazione con il sacrificio del contrapposto interesse privato....la giurisprudenza amministrativa nettamente maggioritaria è nel senso che:
-la repressione degli abusi edilizi è espressione di attività strettamente vincolata e non soggetta a termini di decadenza o di prescrizione, potendo la misura repressiva intervenire in ogni tempo, anche a notevole distanza dall’epoca della commissione dell’abuso;
-l’illecito edilizio ha carattere permanente, che si protrae e che conserva nel tempo la sua natura, e l’interesse pubblico alla repressione dell’abuso è in re ipsa. L’interesse del privato al mantenimento dell’opera abusiva è necessariamente recessivo rispetto all’interesse pubblico all’osservanza della normativa urbanistico–edilizia e al corretto governo del territorio. Non sussiste alcuna necessità di motivare in modo particolare un provvedimento col quale sia stata ordinata la demolizione di un manufatto, quando sia trascorso un lungo periodo di tempo tra l’epoca della commissione dell’abuso e la data dell’adozione dell’ingiunzione di demolizione, poiché l'ordinamento tutela l'affidamento solo qualora esso sia incolpevole, mentre la realizzazione di un’opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore contra legem. Non può ammettersi cioè un affidamento meritevole di tutela alla conservazione di una situazione di fatto abusiva. Colui che realizza un abuso edilizio non può dolersi del fatto che l'amministrazione lo abbia prima in un certo qual modo avvantaggiato, adottando solamente a notevole distanza di tempo i provvedimenti repressivi dell'abuso non sanabile (v. ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 3182/2013, VI, 6072/2012 e IV, 4403 /2011, 79/2011, 5509/2009 e 2529/2004);
-d’altra parte, ammettere la sostanziale “estinzione” di un abuso per il decorso del tempo vorrebbe dire accettare una sorta di sanatoria extra ordinem, di fatto, che opererebbe anche quando l’interessato non ha ritenuto di avvalersi del corrispondente istituto previsto e disciplinato dalla normativa di sanatoria di cui alle leggi nn. 47/85, 724/94 e 326/03, ove ne sussistano, beninteso, le condizioni, senza neanche pagare le somme dovute a titolo di oblazione stabilite dalla normativa sopra citata, il che non sarebbe conforme a principi basilari di ragionevolezza e parità di trattamento nell’esercizio del potere amministrativo;
-il collegio non ignora che per un diverso orientamento, più sensibile alle esigenze del privato, su cui v. ad esempio Cons. Stato, sez. VI, n. 2512 del 2015, sez. V, n. 3847 del 2013, n. 883 del 2008 e n. 3270 del 2006, il notevole lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso e il protrarsi dell'inerzia dell'amministrazione preposta alla vigilanza potrebbero evidenziare la sussistenza di una posizione di legittimo affidamento in capo al privato, rispetto al quale graverebbe sul Comune un obbligo motivazionale “rafforzato” circa il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al mero ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato.
Nella specie si ritiene, tuttavia, tenuto anche conto della particolarità della situazione (costruzione eseguita su area demaniale), di condividere la sentenza impugnata anche nella parte in cui ha rilevato, con Cons. Stato, Sez. IV, 4 maggio 2012, n. 2592, che quantunque il principio della tutela dell'affidamento trovi ormai piena applicazione con riguardo ai rapporti tra cittadino ed amministrazione - e ciò influisca, nella materia dei titoli edilizi, sul potere dell'amministrazione di rimuovere in sede di autotutela i provvedimenti ampliativi emanati in precedenza, tanto più se tra il rilascio del titolo e il provvedimento di riesame intercorre un notevole lasso di tempo e non sia ravvisabile la colpa del destinatario della statuizione favorevole -, deve ritenersi però che nel caso della mancata repressione di un abuso edilizio la situazione sia affatto differente: il fattore tempo non agisce qui in sinergia con l'apparente legittimità dell'azione amministrativa favorevole, a tutela di un'aspettativa conforme alle statuizioni provvedimentali pregresse, ma opera in antagonismo con l'azione amministrativa sanzionatoria. Per le funzioni di vigilanza e controllo, in mancanza di una espressa previsione normativa in deroga, vale, invero, il principio dell'inesauribilità del potere, e pertanto il comportamento illecito dei privati è sempre sanzionabile, qualunque sia il tempo trascorso e qualunque sia l'entità dell'infrazione : va dunque posto l’accento sulla non configurabilità di un affidamento alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, in forza di una legittimazione fondata sul tempo (cfr. da ultimo, Consiglio Stato, sez. IV, 31/08/2010, n. 3955; sez. V, 27/04/2011, n. 2497; sez. VI, 11/05/2011, n. 2781; sez. I, 30/06/2011, n. 4160).
L’orientamento giurisprudenziale, minoritario, per vero, ma che si pone tuttavia come “valvola di sicurezza” per situazioni del tutto particolari, con cui si considera necessaria una motivazione “rinforzata” sull’interesse pubblico alla demolizione qualora sia trascorso un notevolissimo periodo di tempo tra la commissione dell’abuso e l’adozione dell’ingiunzione di demolizione, non può pertanto trovare applicazione del caso qui in esame.

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