mercoledì 27 aprile 2016

LE CONVENZIONI DI LOTTIZZAZIONE E I PIANI ATTUATIVI SONO SOGGETTI AD UN TERMINE DI EFFICACIA

Una interessante sentenza in merito alle convenzioni di lottizzazioni ci viene dal TAR dell'Emilia e Romagna, sezione di Parma, n. 139/2016. Si tratta di una vertenza originata da un ricorso con cui le parti ricorrenti hanno impugnato, in qualità di  acquirenti del compendio immobiliare oggetto della convenzione di lottizzazione conclusa dall'originaria dante causa col Comune di ***, gli atti con cui l'ente ha  rigettato l’istanza di completamento delle opere di urbanizzazione nonché richiesta di escussione della polizza fideiussoria. I ricorrenti avevano anche richiesto l'accertamento della perdurante validità ed efficacia della convenzione
Il diniego comunale, oggetto principale della controversia, si è fondato su di una pluralità di motivi.
In primo luogo, il TAR ha condivisa la prospettazione della difesa resistente nel senso che la norma speciale invocata – sia per tale natura sia per assenza di espressa valenza retroattiva – non può che valere in relazione alle convenzioni valide ed efficaci all'epoca di entrata in vigore della stessa.
La giurisprudenza ha già evidenziato come l'art. 30, comma 3 d.l. 69/13 (convertito nella l. 98/13) detti disposizioni di favore aventi carattere eccezionale - e, dunque, da interpretare restrittivamente - con cui si consente la proroga dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori autorizzati, purché i titoli abilitativi non risultino in contrasto con la disciplina urbanistica sopravvenuta e siano all'evidenza validi ed efficaci.
Nel caso di specie, invece, la convenzione invocata era da tempo divenuta inefficace, nei termini compiutamente esplicati negli atti impugnati e nelle difese comunali.
In generale, per principi consolidati – che costituiscono altresì principi fondanti in tema di governo del territorio – le convenzioni di lottizzazione ed i piani attuativi cui le stesse sono equiparate sono soggette ad un termine di efficacia entro il quale le opere ivi previste, devono essere eseguite; pertanto, le attività dirette alla realizzazione dello strumento urbanistico, convenzionale o autoritativo, non possono essere attuate oltre un certo termine, scaduto il quale l'autorità competente in materia urbanistica riacquista il potere-dovere di dare un nuovo assetto urbanistico alle parti non realizzate, anche con una nuova convenzione di lottizzazione (cfr. ex multis CdS 851\2007).
Sotto un diverso angolo visuale, che peraltro porta alle medesime conclusioni, la convenzione di lottizzazione, anche se istituto di complessa ricostruzione a causa dei profili di stampo giuspubblicistico che si accompagnano allo strumento chiaramente contrattuale, rappresenta pur sempre un incontro di volontà delle parti contraenti nell'esercizio dell'autonomia negoziale retta dal codice civile (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 settembre 2013, nr. 4810), sicché la richiesta di proroga inoltrata al Comune dalla società odierna appellata costituiva una proposta di modifica delle condizioni contrattuali, che avrebbe dovuto essere accettata da controparte secondo i comuni principi civilistici.
Infatti, alla stregua della vigente normativa la durata della convenzione di lottizzazione non risulta soggetta a regole di impronta pubblicistica, costituendo materia rimessa all'accordo tra lottizzante e Amministrazione: ciò si ricava dal fatto che sul punto il legislatore - che pure ha analiticamente regolato il contenuto delle convenzioni de quibus - si è limitato a fissare il termine massimo di durata (stabilito in dieci anni ex art. 28, comma 5, nr. 3, della legge 17 agosto 1942, nr. 1150) e a ribadire che in convenzione deve comunque essere indicata la durata della convenzione, la cui concreta definizione è però rimessa alle parti.
Pertanto, per una modifica dell'accordo si applica la normativa codicistica, anche ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 11, comma 2, della legge 7 agosto 1990, nr. 241: in particolare, trattandosi nella specie di atto negoziale, che presuppone la ricerca del consenso del privato su un certo assetto di interessi ed attribuisce allo stesso posizioni di diritto-obbligo, ne consegue che la sua modifica necessita della manifestazione di volontà di tutti i soggetti che hanno concorso alla loro formazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 gennaio 2011, nr. 693).
In secondo luogo, né l’articolato della convenzione né altri comportamenti o regole convenzionali ovvero normative consentivano la cessione della convenzione con la conseguenza che è fondata la eccepita carenza di legittimazione dell’avente causa odierna parte ricorrente.
Nel caso di specie, peraltro - prosegue la sentenza del TAR - è la stessa convenzione a regolare l’eventuale trasferimento degli oneri dettati dalla pattuizione; all’art. 14, infatti, è con chiarezza evidenziato che il trasferimento a terzi degli oneri per la realizzazione delle previste opere è subordinato al consenso del Comune, all’evidenza assente nel caso de quo.
Oltre alla mancanza di autorizzazione alla cessione nella convenzione, valgono in materia i principi civilistici pacificamente applicabili ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 comma 2 cit.: in materia di cessione del contratto, come noto, occorre l’assenso del ceduto (cfr. art. 1406 a mente del quale “Ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l'altra parte vi consenta”), pacificamente carente nel caso de quo, né nell’originaria convenzione né successivamente alla stessa.

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