venerdì 5 febbraio 2016

L'ARCHIVIO DI DEPOSITO DEI COMUNI

La Corte dei Conti ha pubblicato in questi giorni una interessantissima relazione (approvata con deliberazione n. 17 del 30 dicembre scorso) circa lo stato di attuazione della spending review da parte delle amministrazioni centrali dello Stato in materia di razionalizzazione degli archivi centrali (spesso occupano costosi immobili presi in locazione). 
La relazione esamina lo stato di attuazione delle disposizioni contenute nel d.l. n. 95/2012 (convertito con modificazioni dalla l. n. 135/2012) in materia di “razionalizzazione ed ottimizzazione dell’utilizzo, a qualunque titolo, degli spazi destinati all'archiviazione della documentazione cartacea”. 
Le misure previste si muovono su due piani diversi, anche se tra loro collegati, essendo orientate, da un lato, a promuovere un maggior impegno delle amministrazioni statali nelle attività finalizzate alla liberazione degli archivi di deposito ai sensi del d.p.r. n. 37/200.
Il problema dei documenti esiste anche negli enti locali.
E' necessario organizzare la gestione dei documenti sin dal loro ingresso e quindi dal protocollo; questo termine deriva dal greco protokollon composto da prôtos ‘avanti’ e kólla che nell’ellenico volgare significò "foglio". L’espressione ha origine dal foglio che veniva incollato sui rotoli di papiro in cui era annotato da chi e sotto quale magistrato era stato scritto. Questa tecnica viene fatta risalire agli egiziani i quali gestivano dei veri e propri archivi ed era diretto ad evitare le falsificazioni così la voce ‘protocollo’ acquistò il senso di ‘segno’ o ‘bollo autentico’ ( C.D.Du Cange 1610-1688 ). 
E' importante che tutti gli atti e documenti (compresi i progetti dell'urbanistica) cartacei sin dal loro ingresso in Comune siano trasformati in formato digitale.
Anche nell ‘epoca romana veniva data grandissima importanza agli archivi definiti come “…locus publicus in quo instrumenta deponuntur…’ Viene introdotto il concetto che le leggi entrano in vigore solo dopo che sono state inserite in appositi archivi.
Durante l’Impero viene introdotta la funzione del regendarius preposto alla registrazione di dati inerenti ai documenti archiviati.
Ma è in Germania che nascono il fascicolo e il registro di protocollo.
Con la Rivoluzione francese viene invece creato l'Archivio Nazionale al quale avevano libertà di accesso tutti i cittadini.
Nello Stato Italiano il primo atto in materia di protocollo risale al 1866 con disposizione alle Prefetture di utilizzare il numero progressivo di protocollo per indicare l’intera pratica alla quale ciascun documento apparteneva.
Con il R.D. 5 marzo 1874 n. 185 e con il R.D. 26 marzo 1874,n. 1861 sono riordinati gli archivi di Stato. Con la circolare del 1° marzo 1897 “Istruzioni per la tenuta del protocollo e dell’archivio per gli uffici comunali” viene imposto ai Comuni il titolario unico.
Con il R.D. 25 gennaio 1900 viene disciplinata la gestione dei documenti in maniera rigida.
La maggioranza degli enti locali non possiede u archivio centrale con gravi problemi per la trasparenza degli atti e per la trattazione complessiva delle pratiche in quanto ogni ufficio detiene solo i documenti di propria competenza di un determinato immobile, o attività.
Ora le norme impongono la digitalizzazione di tutti gli atti e Open transparency.
Sarebbe ora che gli anti locali provvedessero a nominare le commissioni per lo scarto degli atti d'archivio e a convertire i loro archivi in digitali.

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