giovedì 11 febbraio 2016

IL SILENZIO ASSENSO VALE ANCHE PER IL RILASCIO DI CONCESSIONI PER OPERE NEI PARCHI ?


Una interessante ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 538/2016 ha rimesso all'Adunanza plenaria la soluzione di una discussione sul fatto riguardante la validità della disposizione dell’art. 13, comma 1, della legge n. 394/1991(espressamente richiamata dall'art. 28, comma 1, della legge della Regione Lazio n. 29/1997), il quale stabilisce che “il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell'Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l'intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato…”.
Il Tribunale territoriale ha ritenuto di dover far ricorso alla disposizione generale dell’art. 20 della legge n. 241/1990, i quale recita:
“1. Fatta salva l'applicazione dell’articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all' articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2.
....
4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge”.
Fra le disposizioni ricordate intercorre un’antinomia, a sciogliere la quale le Sezioni del Consiglio di Stato hanno fatto ricorso a criteri differenti, pervenendo in tal modo a soluzioni opposte.
Un primo criterio di soluzione è stato individuato nel criterio di specialità (sez. VI, 29 dicembre 2008, n. 6591; adesivamente, sez. VI, 17 giugno 2014, n. 3407).
La tesi sostiene che la speciale forma di silenzio-assenso, prevista a livello statale dall'art. 13 della legge n. 394/1991, non sia stata implicitamente abrogata a seguito dell'entrata in vigore della riforma della legge n. 241 del 90 (disposta con la legge n. 80/2005).
Infatti, il novellato art. 20 della legge n. 241/90 avrebbe in primo luogo inteso generalizzare l'istituto del silenzio assenso, rendendolo applicabile a tutti i procedimenti a istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, fatta salva l'applicazione delle ipotesi di denuncia di inizio attività, regolate dal precedente art. 19.
Rispetto a tale generalizzazione, il comma 4 dell'art. 20 avrebbe introdotto alcune eccezioni in determinate materie, tra cui quelle inerenti al patrimonio culturale e paesaggistico e l'ambiente, che riguardano non l'impossibilità in assoluto di prevedere speciali ipotesi di silenzio-assenso, ma l'inapplicabilità della regola generale dell'art. 20, comma 1.
In sostanza, la generalizzazione dell'istituto del silenzio assenso non potrebbe applicarsi in modo automatico alle materie indicate dall'art. 20, comma 4, ma ciò non impedirebbe al legislatore di introdurre in tali materie norme specifiche, aventi a oggetto il silenzio-assenso, a meno che non sussistano espressi divieti, derivanti dall'ordinamento comunitario o dal rispetto dei principi costituzionali.
Il dato testuale del comma 4 dell'art. 20 sarebbe chiaro: "Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente ... "; l'eccezione riguarderebbe solo "le disposizioni del presente articolo" e non potrebbe essere estesa a disposizioni precedenti, aventi a oggetto il silenzio assenso, rispetto alle quali i commi 1, 2 e 3 dell'art. 20 della legge n. 241/90 nulla avrebbero innovato.
Tali disposizioni resterebbero, quindi, in vigore e, del resto, se, come appena detto, l'art. 20, comma 4, non impedisce l'introduzione di norme speciali, dirette a prevedere il silenzio-assenso anche nelle materie menzionate dal comma 4, non potrebbe che ritenersi che eventuali norme speciali preesistenti, quali l'art. 13 della legge n. 394/1991, restino in vigore.
Tale tesi, oltre ad essere conforme al dato testuale della disposizione, si porrebbe in linea con la stessa ratio della riforma della legge n. 241/90, che sarebbe stata quella di generalizzare l'istituto del silenzio-assenso. Sarebbe irragionevole ritenere che tale generalizzazione abbia comportato un effetto abrogante su norme, che tale istituto già prevedevano.
L'unico limite che le disposizioni speciali, quale quella di cui al citato art. 13, dovrebbero rispettare è quello derivante dai principi comunitari e costituzionali.
Tuttavia, sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di giustizia, non si porrebbe in contrasto con principi costituzionali o con specifiche disposizioni comunitarie la previsione del silenzio-assenso per il rilascio del nulla osta dell'Ente parco, caratterizzato da un tasso di discrezionalità non elevato e destinato a inserirsi, in un procedimento, in cui ulteriori specifici interessi ambientali vengono valutati in modo espresso, come in concreto avvenuto nel caso di specie (autorizzazioni paesaggistiche, idrogeologiche, archeologiche).
Un diverso criterio di soluzione privilegia invece il canone cronologico della successione delle leggi nel tempo (sez. IV, 28 ottobre 2013, n. 5188; implicitamente, sez. III, 15 gennaio 2014, n. 119; sez. IV, ord. 19 novembre 2014, n. 5531).
Secondo questa prospettazione, entrambe le norme avrebbero la medesima natura procedimentale e verrebbero a disciplinare lo stesso istituto operante in materia di edilizia e ambienta; resterebbe, infatti, escluso che tra esse possa configurarsi un rapporto di specialità, poiché questo presupporrebbe un certo grado di equivalenza tra norme a confronto, ma che non potrebbe spingersi sino alla sostanziale identità tra le due discipline in contrasto.
In questo secondo caso, il prospettato conflitto tra due disposizioni, che, seppur con esiti opposti per l'istante, disciplinano il medesimo istituto procedimentale del silenzio-assenso, dovrebbe quindi essere risolto alla luce della successione nel tempo tra due norme generali e pertanto secondo il principio per cui la legge posteriore abroga la legge anteriore con essa incompatibile (art. 15 disp. prel. cod. civ.).
Non si potrebbe dunque far ricorso al principio di specialità, che postula l'equivalenza tra le norme stesse, ma dovrebbe necessariamente applicarsi il criterio cronologico, in base al quale la legge successiva prevale su quella precedente. Con la conseguenza che l'intervento dell'art. 20 della legge n. 241/1990, come successivamente modificato, determinerebbe che il regime del silenzio-assenso non trovi applicazione in materia di tutela ambientale: il diniego di nulla osta, pur sopravvenuto oltre il termine fissato dalla legge precedente, risulterebbe pienamente legittimo in quanto emesso in forza di un potere non consumatosi - in quanto esplicato nella vigenza della nuova legge - ed il cui esercizio, dunque, non presupporrebbe l'annullamento in autotutela di un precedente silenzio-assenso, viceversa inesistente.
Alla luce del contrasto giurisprudenziale rilevato, il Collegio ritiene opportuno sottoporre il ricorso all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, a norma dell’art. 99, comma 1, c.p.a.
Nel fare ciò, il Collegio non può non segnalare di reputare più fondata la seconda delle alternative prospettate, quella cioè per cui, a risolvere l’antinomia fra le disposizioni richiamate, debba farsi applicazione del criterio cronologico. E ciò, non solo per coerenza con l’orientamento della Sezione, ma anche alla luce delle considerazioni che seguono.
Ad arricchire il quadro d’assieme, va anche rammentata la sentenza con cui la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. - l'art. 1, comma 250, della legge della Regione Campania 15 marzo 2011, n. 4, nella parte in cui prevede che “ l'autorità competente provvede entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda. Se detta autorità risulta inadempiente nei termini sopra indicati, l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa per i successivi giorni, salvo revoca ” (sentenza 18 luglio 2014, n. 209). La Corte ha ritenuto che la disposizione impugnata violasse la competenza esclusiva statale in materia di ambiente (alla quale va ascritta la disciplina degli scarichi in fognatura) in quanto determinerebbe livelli di tutela ambientale inferiori rispetto a quelli previsti dalla legge statale, segnatamente dall'art. 124, comma 7, del decreto legislativo n. 152/2006 - che fissa, invece, il termine perentorio di novanta giorni per la concessione dell'autorizzazione - e dall'art. 20, comma 4, della legge n. 241/1990, che esclude l'applicabilità del silenzio-assenso  alla materia ambientale.
Se ne potrebbe dedurre che la Corte legga l’art. 20, comma 4, citato, come portatore di una regola generale di governo della materia ambientale, ostativa all'applicabilità delle disposizioni sul silenzio-assenso, salve forse specifiche e motivate eccezioni, che dovrebbero però apparire chiaramente come tali e non essere affidate a un’operazione esegetica controvertibile e controversa.
Qui è possibile leggere tutta l'ordinanza:

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