Comune di Moncenisio |
I piccoli Comuni, che in altre
Nazioni sono considerati una risorsa, seguitano ad essere “attenzionati” dal
nostro legislatore che con una serie di provvedimenti, spesso scoordinati tra
loro seguita a cercare di portare avanti un processo di globalizzazione degli
enti locali che porterebbe alla cancellazione di un patrimonio
storico-culturale che rappresenta la nostra stessa civiltà.
Il 30 novembre 2015 si è
tenuto un Seminario organizzato dall'Associazione “Italia decide” sul tema “Ricostruire
un equilibrio per il governo locale: Comune, nuova area vasta, città
metropolitana”, da cui è emersa l’opportunità di utilizzare i nuovi enti di
area vasta che dovranno sostituire le province come “service” per i Comuni (non
solo i piccoli) in modo da alleggerirli di molte delle funzioni fondamentali
gestendole in maniera centralizzata. Sembrava una soluzione intelligente e pratica e, per la sede autorevole in cui è stata presentata (l'auletta dei gruppi parlamentari), destinata ad ad essere approvata.
In tal senso ci sono stati poi incontri tra il Presidente del Consiglio Nazionale dell'ANCI e
il Ministro per l’Interno e la stessa Segretaria
generale dell'ANCI Nicotra ha avuto occasione di affermare «che l’unione
obbligatoria dei servizi non funziona in molte parti del Paese. E’ chiaro che
questa situazione blocca il processo invece di portarlo avanti, così come è
chiaro che l’obbligatorietà per legge è servita a far metabolizzare la
necessità di unire i Comuni per renderli più forti. Ora però facciamo scegliere
ai sindaci il come, valorizziamo la Delrio dando un ruolo anche ai consigli
metropolitani e puntiamo verso una operazione rivoluzionaria a cui lavoriamo da
tempo».
Matteo
Ricci, Sindaco di Pesaro, dopo la proroga al 31 dicembre 2016 del termine per
la gestione in forma associata delle funzioni fondamentali da parte di piccoli comuni (avvenuta grazie al milleproroghe) ha rimarcato l’importanza di fare un lavoro congiunto.
Peraltro mentre fervevano le iniziative per mantenere le peculiarità dei nostri piccoli Comuni alleggerendoli dal peso di funzioni talora troppo pesanti e ingestibili a livello locale da piccole realtà amministrative è arrivata, come un fulmine a ciel sereno, la proposta di legge n 3420 ad iniziativa dei deputati Lodolini, Fanucci, Zoggia, Ascani, Paola Boldrini, Bruno Bossio, Fedi, Fragomeli, Gandolfi, Giuseppe Guerini, Lattuca, Naccarato, Patriarca, Pelillo, Petrini, Salvatore Piccolo, Porta, Sbrollini, Valeria Valente, Zan (tutti del PD) con cui viene proposto di ridurre l’elevata frammentarietà dei comuni italiani e favorire il raggiungimento da parte di questi ultimi di dimensioni più adeguate, atte cioè a consentire un netto miglioramento della qualità e dell'efficacia dei servizi offerti ai cittadini. Di fatto la legge propone che tutti i Comuni sotto i 5.000 abitanti entro due anni scompaiano. Dal testo della relazione che accompagna la legge leggiamo tra l’altro che «La presente proposta di legge, nel pieno rispetto della normativa costituzionale di riferimento, stabilisce innanzitutto che il limite minimo di abitanti perché possa esistere un comune è fissato nella soglia di 5.000 abitanti. Essa modifica pertanto il citato testo unico di cui al D.lgs 267/2000, introducendo un nuovo comma nell'articolo 13. Trascorsi poi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, le regioni provvederanno con legge alla fusione obbligatoria di tutti i comuni la cui popolazione sia inferiore a 5.000 abitanti e che non abbiano già avviato di propria iniziativa procedimenti di fusione. Quindi, di fatto, i comuni avranno due anni di tempo per procedere autonomamente, dal basso, e secondo criteri di omogeneità, maggiormente rispettosi delle caratteristiche fisiche dei territori o delle tradizioni loro proprie, a predisporre fusioni al fine di costituire comuni che abbiano almeno 5.000 abitanti. Qualora non lo facciano autonomamente nei primi due anni, in base all'articolo 2 della proposta di legge, saranno le regioni, con propria legge, a provvedere. In tal caso però i comuni perderanno il diritto a tutti i benefici previsti dalla legge per incentivare le fusioni di comuni. Questa norma, apparentemente molto severa, ha in realtà l'obiettivo di dare una fortissima spinta nella realizzazione delle fusioni dal basso perché ritenute più efficaci, in quanto basate su criteri più omogenei. Infine, all'articolo 3 è introdotta una sorta di norma di chiusura: trascorsi quattro anni dalla data di entrata in vigore della legge, le regioni che abbiano omesso di adottare le necessarie leggi regionali saranno sottoposte a una decurtazione del 50 per cento dei trasferimenti erariali in loro favore, diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e al trasporto pubblico locale. Tale norma, quindi, dovrebbe costituire un reale incentivo nei confronti delle regioni, che sono spinte a emanare le leggi se non vogliono incorrere in un drastico taglio da parte dello Stato delle risorse erariali loro destinate».
È possibile che una iniziativa del genere sia avvenuta senza l’avallo del capo gruppo del PD?
Si tratta di una proposta non condivisibile perché così si verrebbe a cancellare tradizioni e cultura specialmente delle aree montane, quelle più soggette all'abbandono da parte della popolazione giovane, proprio in un momento in cui le nuove tecnologie invece potrebbero favorire il recupero e il ritorno di molte famiglie.
Non solo, in questo modo si avrebbe un ulteriore abbandono dei piccoli centri che verrebbero privati della loro identità con il conseguente affollamento delle grandi città.
Le Information and Communication Technologies (ICT) oggi possono cambiare la vita anche in montagna, eliminando l’isolamento che un tempo affliggeva queste popolazioni consentendo il telelavoro e quindi agevolando il ritorno in centri un tempo abbandonati di molte persone che possono ritrovare il piacere di vivere in località bellissime dal punto di vista ambientale, lontano dalle metropoli. Quindi mentre alcuni politici passano il tempo a combattere contro i gravi problemi che affliggono i grandi agglomerati urbani e a cercare di far decollare le famose Città metropolitane, non si accorgono che la soluzione sarebbe proprio quella di sostenere chi vuole seguitare o scegliere di vivere in un piccolo comune con economie esterne (come la tanto decantata banca larga di cui tutti parlano ma che in molti posti ancora non c’è) od altri incentivi il cui costo sarebbe compensato abbondantemente dai risparmi per la gestione dei servizi.
La gestione di molte funzioni "in service" da parte degli enti di area vasta se organizzata bene e gestita in maniera diretta, in "economia", senza esternalizzazioni (che sono servite solo ad arricchire alcune persone), favorirà il reclutamento del personale del posto che troverà così convenienza a vivere nei luoghi dove lavora. Sarebbe ora infatti che venisse eliminato il blocco delle assunzioni (fatto a detta dei promotori per contenere la spesa), senza che si sia mai pensato al blocco delle esternalizzazioni.
A mio avviso utilizzare per la gestione dei servizi pubblici personale del posto aiuta a ricostruire anche il tessuto della società.
Molti stranieri (specialmente inglesi e francesi) hanno scelto per vivere i nostri piccoli Comuni attratti dalla bellezza del paesaggio, da un ambiente incontaminato, dal silenzio, dalla socievolezza degli abitanti, forse ne capiscono più di alcuni nostri rappresentanti politici?
Chi volesse leggere la proposta di legge dell'On.le Lodolini ed altri la trova qui:
http://documenti.camera.it/apps/commonServices/getDocumento.ashx?sezione=lavori&tipoDoc=testo_pdl&idlegislatura=17&codice=17PDL0037180
Peraltro mentre fervevano le iniziative per mantenere le peculiarità dei nostri piccoli Comuni alleggerendoli dal peso di funzioni talora troppo pesanti e ingestibili a livello locale da piccole realtà amministrative è arrivata, come un fulmine a ciel sereno, la proposta di legge n 3420 ad iniziativa dei deputati Lodolini, Fanucci, Zoggia, Ascani, Paola Boldrini, Bruno Bossio, Fedi, Fragomeli, Gandolfi, Giuseppe Guerini, Lattuca, Naccarato, Patriarca, Pelillo, Petrini, Salvatore Piccolo, Porta, Sbrollini, Valeria Valente, Zan (tutti del PD) con cui viene proposto di ridurre l’elevata frammentarietà dei comuni italiani e favorire il raggiungimento da parte di questi ultimi di dimensioni più adeguate, atte cioè a consentire un netto miglioramento della qualità e dell'efficacia dei servizi offerti ai cittadini. Di fatto la legge propone che tutti i Comuni sotto i 5.000 abitanti entro due anni scompaiano. Dal testo della relazione che accompagna la legge leggiamo tra l’altro che «La presente proposta di legge, nel pieno rispetto della normativa costituzionale di riferimento, stabilisce innanzitutto che il limite minimo di abitanti perché possa esistere un comune è fissato nella soglia di 5.000 abitanti. Essa modifica pertanto il citato testo unico di cui al D.lgs 267/2000, introducendo un nuovo comma nell'articolo 13. Trascorsi poi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, le regioni provvederanno con legge alla fusione obbligatoria di tutti i comuni la cui popolazione sia inferiore a 5.000 abitanti e che non abbiano già avviato di propria iniziativa procedimenti di fusione. Quindi, di fatto, i comuni avranno due anni di tempo per procedere autonomamente, dal basso, e secondo criteri di omogeneità, maggiormente rispettosi delle caratteristiche fisiche dei territori o delle tradizioni loro proprie, a predisporre fusioni al fine di costituire comuni che abbiano almeno 5.000 abitanti. Qualora non lo facciano autonomamente nei primi due anni, in base all'articolo 2 della proposta di legge, saranno le regioni, con propria legge, a provvedere. In tal caso però i comuni perderanno il diritto a tutti i benefici previsti dalla legge per incentivare le fusioni di comuni. Questa norma, apparentemente molto severa, ha in realtà l'obiettivo di dare una fortissima spinta nella realizzazione delle fusioni dal basso perché ritenute più efficaci, in quanto basate su criteri più omogenei. Infine, all'articolo 3 è introdotta una sorta di norma di chiusura: trascorsi quattro anni dalla data di entrata in vigore della legge, le regioni che abbiano omesso di adottare le necessarie leggi regionali saranno sottoposte a una decurtazione del 50 per cento dei trasferimenti erariali in loro favore, diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e al trasporto pubblico locale. Tale norma, quindi, dovrebbe costituire un reale incentivo nei confronti delle regioni, che sono spinte a emanare le leggi se non vogliono incorrere in un drastico taglio da parte dello Stato delle risorse erariali loro destinate».
È possibile che una iniziativa del genere sia avvenuta senza l’avallo del capo gruppo del PD?
Si tratta di una proposta non condivisibile perché così si verrebbe a cancellare tradizioni e cultura specialmente delle aree montane, quelle più soggette all'abbandono da parte della popolazione giovane, proprio in un momento in cui le nuove tecnologie invece potrebbero favorire il recupero e il ritorno di molte famiglie.
Non solo, in questo modo si avrebbe un ulteriore abbandono dei piccoli centri che verrebbero privati della loro identità con il conseguente affollamento delle grandi città.
Le Information and Communication Technologies (ICT) oggi possono cambiare la vita anche in montagna, eliminando l’isolamento che un tempo affliggeva queste popolazioni consentendo il telelavoro e quindi agevolando il ritorno in centri un tempo abbandonati di molte persone che possono ritrovare il piacere di vivere in località bellissime dal punto di vista ambientale, lontano dalle metropoli. Quindi mentre alcuni politici passano il tempo a combattere contro i gravi problemi che affliggono i grandi agglomerati urbani e a cercare di far decollare le famose Città metropolitane, non si accorgono che la soluzione sarebbe proprio quella di sostenere chi vuole seguitare o scegliere di vivere in un piccolo comune con economie esterne (come la tanto decantata banca larga di cui tutti parlano ma che in molti posti ancora non c’è) od altri incentivi il cui costo sarebbe compensato abbondantemente dai risparmi per la gestione dei servizi.
La gestione di molte funzioni "in service" da parte degli enti di area vasta se organizzata bene e gestita in maniera diretta, in "economia", senza esternalizzazioni (che sono servite solo ad arricchire alcune persone), favorirà il reclutamento del personale del posto che troverà così convenienza a vivere nei luoghi dove lavora. Sarebbe ora infatti che venisse eliminato il blocco delle assunzioni (fatto a detta dei promotori per contenere la spesa), senza che si sia mai pensato al blocco delle esternalizzazioni.
A mio avviso utilizzare per la gestione dei servizi pubblici personale del posto aiuta a ricostruire anche il tessuto della società.
Molti stranieri (specialmente inglesi e francesi) hanno scelto per vivere i nostri piccoli Comuni attratti dalla bellezza del paesaggio, da un ambiente incontaminato, dal silenzio, dalla socievolezza degli abitanti, forse ne capiscono più di alcuni nostri rappresentanti politici?
Chi volesse leggere la proposta di legge dell'On.le Lodolini ed altri la trova qui:
http://documenti.camera.it/apps/commonServices/getDocumento.ashx?sezione=lavori&tipoDoc=testo_pdl&idlegislatura=17&codice=17PDL0037180
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