lunedì 4 aprile 2016

RAPPORTO TRA ATTI ILLEGITTIMI E RESPONSABILITA'

Una interessante sentenza della Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale della Toscana (n.89/2016) nei confronti di una dirigente ribadisce che non sussiste alcun automatismo tra illegittimità di un atto e responsabilità amministrativa dell’autore dello stesso, ma richiama l'attenzione dei dirigenti sul corretto comportamento nei confronti dei collaboratori.
La giurisprudenza della Corte dei conti da tempo evidenzia la distinzione tra illiceità del comportamento e illegittimità dell'atto, affermando che solo il primo e non il secondo è oggetto del giudizio di responsabilità amministrativa e che i vizi di legittimità di un atto, infatti, non comportano ex se un illecito contabile (Corte conti, Sez. app. Sicilia, 22.09.2009, n. 281). E’ stato infatti affermato che “l'illegittimità di un atto è soltanto un sintomo della illiceità del comportamento, alla cui produzione concorrono i requisiti della dannosità della condotta e dell'atteggiamento gravemente colposo del suo autore.” (Corte conti, sez. giur. Lombardia, 5.3.2007, n. 141). Del resto anche la Corte di cassazione ha avuto modo di affermare che l'illegittimità dell'atto amministrativo, nel giudizio per danno erariale, può rappresentare semplicemente uno degli elementi della più complessa fattispecie di responsabilità contabile (Cass. SS.UU. n. 469/2000).
E’ pertanto necessario accertare se la condotta contestata costituisca violazione di uno specifico dovere d’ufficio e si ponga quale comportamento antigiuridico causativo danno erariale sorretto dall’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave.
E’ necessario dunque procedere ad un’attenta disamina della fattispecie oggetto di giudizio esitata nel descritto annullamento in sede giurisdizionale disposto dal giudice del lavoro.
Nella fattispecie  la convenuta aveva  irrogato ingiustamente una sanzione nei confronti di una dipendente che il giudice del lavoro ha ritenuta ingiusta con conseguente danno pari all'importo delle spese di lite oggetto di rifusione a favore della ricorrente. 
Nella fattispecie risulta  ravvisabile l’elemento soggettivo della colpa grave in capo alla convenuta. Infatti la condotta tenuta dalla dirigente si configura macroscopicamente deviante rispetto al comportamento che avrebbe dovuto tenere un dirigente che avesse improntato la condotta a diligenza anche minima. 
La dirigente è stata quindi condannata al risarcimento dei danni derivanti dal pagamento delle spese processuali sostenute dall’ente in conseguenza dell’illegittimo esercizio dei poteri datoriali, posto che la vicenda era stata gestita con notevole superficialità ed approssimazione.
La sentenza la trovate qui:
https://servizi.corteconti.it/bds/servlet/ServletDownload?sptomock=&cods=10&id=10071620

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